“Il vero Coronavirus dell’Africa sono l’ingiustizia, la diseguaglianza, la povertà e il furto delle ricchezze“.
Non ha dubbi don Felice Molino, 73 anni, missionario salesiano da 39 anni in Kenya, nel dare le proporzioni dell’emergenza sociale.
Nel raccontarci al telefono la vita quotidiana dentro una delle baraccopoli più infernali della capitale keniana, Kibera, don Felice chiarisce subito che il virus “sta certamente rendendo le cose più difficili per tutti”, ma qui in Kenya si soffre quotidianamente per una povertà di sistema.
“La situazione che c’è al di sotto e oltre il Coronavirus è molto molto grave – dice – e ora, con le misure adottate per evitare il contagio, hanno dovuto chiudere persino le botteghe dentro la baraccopoli e i venditori ambulanti lungo le strade. Per la gente mangiare è diventato più difficile di prima”.
E’ come se il virus avesse amplificato gli effetti di un altro virus, col quale la popolazione convive da sempre: “l’ingiustizia sociale. A Kibera ci sono liquami dappertutto, non c’è acqua, ci sono i topi. In questi giorni di pioggia le baracche che non hanno pavimentazione, si riempiono di fango”, dice.
“Pensate – dice il salesiano – che in questa sola baraccopoli (ma a Nairobi sono diverse), vivono almeno 500mila persone ma nessuno ha potuto fare una stima certa per conoscere il numero esatto. La densità è enorme su una superficie di pochi km quadrati”.
In questi giorni di pandemia le suore e altri missionari “che andavano a portare aiuti alle persone, non possono più entrare – spiega – però per fortuna ci sono i missionari e i religiosi che vivono proprio dentro la baraccopoli. C’è anche la parrocchia del Cristo Re (Christ the King) dei missionari di Guadalupe”.
La gente ogni mattina parte da Kibera e percorre anche dieci chilometri a piedi per raggiungere la zona industriale, “quella dove ci sono alcune fabbriche tessili e dove c’è più bisogno di manodopera – spiega ancora il salesiano – Ma se quella mattina non hanno bisogno di operai, se ne ritornano a casa, a mani vuote, e alle dieci del mattino sono di nuovo a Kibera”.
Per quanto riguarda la stretta emergenza coronavirus, i contagi sembrano essere miracolosamente contenuti: si parla di 15 morti e circa 300 infetti, ma non è chiaro quale sia il numero esatto, poichè vengono fatti pochissimi tamponi.
“C’è anche da dire che – spiega don Felice – si è diffusa una sorta di psicosi tra la gente. Pensano che se vanno in ospedale per un test e risultano positivi, li chiuderanno dentro un centro governativo in isolamento e hanno paura. Quindi evitano di farsi visitare”.
Le foto dell’articolo sono tratte da Wikimedia