Dal Burkina, un esempio virtuoso di microcredito

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Oggi a Kouloho è un giorno importante. Gli uomini del circondario, chi a piedi, chi in bici o in motorino, fanno ressa attorno al magazzino in cui sono conservati i loro raccolti: mais, sorgo, miglio, riso, arachidi, ecc.

C’è sempre un po’ di trepidazione quando, una volta al mese, i lucchetti vengono aperti per controllare lo stato di conservazione dei prodotti.

Kouloho è uno dei 62 villaggi nel Sud-ovest del Burkina Faso che aderiscono alla COPSAC, una cooperativa agricola il cui nome in lingua dagarà significa “coltivare è meglio”.

«La COPSAC è nata a metà degli anni 2000 mettendo insieme otto Unioni di produttori/produttrici locali. Oggi raggruppa tremila membri e ha sede centrale a Founzan, nella regione degli Alti Bacini», spiega Felicité Kambou, la direttrice.

«Il Burkina Faso è alle prese con una desertificazione progressiva che rende difficili le coltivazioni; e per parecchi anni abbiamo subito la concorrenza del riso thailandese a basso costo, perciò faticavamo a tirare avanti con i nostri cereali. Un po’ alla volta, però, le cose sono cambiate, soprattutto quando – grazie all’appoggio della Comunità Impegno Servizio Volontariato (CISV) di Torino, della Cooperazione Svizzera e del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo – abbiamo iniziato a utilizzare il sistema del warrantage, che ha trasformato radicalmente la nostra vita».

Il warrantage è una particolare forma di microcredito, che garantisce prestiti a chi di norma sarebbe escluso dai circuiti creditizi tradizionali.

Il meccanismo è semplice ma rivoluzionario: al momento del raccolto, tra ottobre e dicembre, ogni contadino dà in garanzia alla banca una parte del suo prodotto, che viene stoccato in un magazzino affidato al comitato di gestione della cooperativa; in cambio la banca eroga un prestito per 6-8 mesi, pari al 75-80% del valore del prodotto.

«Così i contadini non sono costretti a svendere subito il raccolto nel periodo in cui i prezzi sono più bassi, e hanno i mezzi per far fronte alle necessità quotidiane, come mandare i figli a scuola o provvedere alle spese mediche» spiega Felicité Kambou.

«Possono anche investire in piccole attività generatrici di reddito, come l’allevamento di polli e ovini, l’orticoltura o il commercio».

Nel momento più critico, al culmine della stagione secca, il contadino può così rimborsare il credito e recuperare i cereali stoccati, che sono ora disponibili per il consumo familiare, la semina o la vendita a prezzi più vantaggiosi.

«Tra aprile e giugno, sul mercato i sacchi di cereali possono valere anche il doppio, perciò il momento in cui si prelevano dal magazzino viene detto “secondo raccolto”» dice Bondou Douderot, supervisore della COPSAC.

Ma da dove nasce l’idea del warrantage? Tutto ha inizio dal parmigiano. Un formaggio talmente pregiato che le banche europee non si fanno problemi ad accettarlo come garanzia in cambio dei prestiti erogati.

Addirittura sono disposte ad attrezzarsi con speciali “depositi” in cui conservano le forme ricevute in pegno per i 24 mesi necessari alla stagionatura: se al termine il cliente non riesce a saldare il debito, fatto peraltro raro, la banca può rivendere il prezioso formaggio senza rimetterci.

Colpito da questa pratica, nel 2005 Daniel Marchal, agronomo della Food and Agricolture Organization (FAO), ha voluto sperimentare in Niger un sistema analogo per combattere la povertà, usando i cereali al posto del parmigiano reggiano.

Vista l’efficacia dei primi tentativi, i cooperanti del CISV, presenti dal 1985 nel Burkina Faso alle prese con un cronico deficit alimentare, hanno deciso di adottare il metodo, denominato warrantage (dall’inglese warranty, cioè “garanzia”).

Anche nel caso dei cereali o dei legumi africani, a differenza di quanto ci si potrebbe forse aspettare, il sistema ha un’altissima percentuale di rimborso sul prestito: «I contadini restituiscono alla banca praticamente tutto il denaro ricevuto» spiega Michele Vaglio Iori, responsabile gestionale dei progetti CISV in Burkina Faso e Niger. «Ciò si spiega perché è interesse di tutti saldare i debiti, in modo da poter fruire del prestito anche l’anno successivo. Perciò, se qualche membro della cooperativa fatica a rimborsare il denaro, è la stessa COPSAC che se ne accolla l’onere, facendosi garante della restituzione al 100%».

Di fatto «c’è una forte pressione sociale da parte degli altri membri del gruppo: in alcuni casi di inadempienza la cooperativa può persino richiedere l’intervento dello chef coutumier, il capo tradizionale che nei villaggi è ancora un’autorità riconosciuta, che interviene per ammonire o minacciare di malasorte il debitore insolvente».

All’arrivo dei responsabili del magazzino di Kouloho, i contadini fanno ala per permettere loro di aprire il pesante portone metallico, che custodisce 60 tonnellate di cereali. Una volta entrati, ognuno va a verificare lo stato dei propri sacchi, su cui è scritto il nome del proprietario.

Come ci spiega Doban, uno dei contadini, «il magazzino dev’essere in muratura e ben sigillato per impedire che entrino topi o serpenti, ed è provvisto di griglie per l’aerazione. Inoltre spargiamo olio di neem, un insetticida naturale che tiene lontani i parassiti».

Il prodotto stoccato come garanzia dev’essere ben conservato anche perché «la cooperativa si accolla tutti i rischi, come furto, incendio, deperimento dei cereali» spiega François Daourou, segretario del comitato di gestione.

«I primi anni era previsto un doppio sistema di lucchetti, uno lo teneva la COPSAC e uno la banca, per cui dovevano essere entrambi presenti all’apertura. Dopo il primo anno, visto che tutto filava liscio, la banca ha affidato anche le sue chiavi alla Cooperativa».

Ormai gli istituti di credito locali conoscono bene la COPSAC, con cui si è creato un rapporto di fiducia che ha permesso anche un aumento dei prestiti erogati: da tre milioni di franchi cfa (circa 4.500 euro) nel primo anno, agli attuali 80 milioni di franchi cfa (120mila euro).

«C’è stato anche un altro miglioramento», racconta la direttrice Felicité Kambou: «All’inizio ero costretta a recarmi in città per prelevare i soldi dalla banca, dovevo viaggiare con il rischio di essere aggredita e rapinata per strada, era una grossa responsabilità. Poi a forza d’insistere, ho convinto la banca a mandare un suo rappresentante al villaggio, anche perché vedesse di persona i nostri territori e le condizioni di vita e lavoro».

L’ispezione a Kouloho volge al termine, i contadini tornano a casa soddisfatti, presto potranno riscattare il loro debito.

«Oggi molte delegazioni vengono qui da tutto il Burkina Faso e dai Paesi vicini come Mali, Niger e Guinea, per seguire corsi residenziali sul warrantage, ormai riconosciuto a livello internazionale come un valido strumento di lotta all’insicurezza alimentare» spiega Felicité.

«Nel nostro caso, il warrantage ha permesso di aumentare la produzione agricola e la vendita sul mercato, è migliorata la qualità della vita nelle famiglie, e tanti giovani non sono più costretti a migrare controvoglia».

Come dice François Daourou, il warrantage è «particolarmente utile nelle annate meno piovose come questa, perché garantisce una disponibilità di cibo che altrimenti non ci sarebbe» e consente di non svendere il prodotto nel periodo in cui la famiglia ha più spese, quando i figli vanno a scuola o c’è da celebrare la festa islamica della tabaski. Inoltre esso tutela i produttori dalle pressioni sociali, come spiega l’economista Andrea Ghione: «Nella stagione secca le scorte di cereali, se vengono conservate in casa, sono oggetto di continue richieste da parte di parenti e vicini, e finiscono per esaurirsi.

Ciò mette a rischio la sicurezza alimentare di tutta la famiglia durante la soudure, cioè il periodo tra la fine delle scorte e il nuovo raccolto». Gli stessi contadini riconoscono che lo stoccaggio “a domicilio” non conviene, perché «la famiglia è la prima a essere devastante».

In tal senso può sembrare che il warrantage riduca la solidarietà intra-familiare. In realtà «esso accresce la disponibilità di risorse e rafforza la solidarietà tra tutte le famiglie del villaggio al momento della soudure, quando coloro che hanno praticato il warrantage e beneficiato dei prestiti bancari possono aiutare gli altri, incoraggiandoli a seguire il loro esempio nella successiva stagione agricola».

L’articolo è stato pubblicato sul numero di maggio di Popoli e Missione

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