«Un anno vissuto tra dolore e speranza, notti e giorni a pregare in chiesa per la pace, per la fine delle ostilità, per la liberazione degli ostaggi, per un cessate il fuoco che donasse a tutti un po’ di sollievo, di respiro.
Un anno in cui tanti nostri fratelli e sorelle, ci hanno lasciato, vittime di questa guerra che nessun innocente vuole.
Un anno vissuto circondati solo da macerie e distruzione, nell’attesa di aiuti e di sostegno che, grazie alla Provvidenza, non sono mai mancati».
Così padre Gabriel Romanelli, parroco latino della parrocchia della Sacra Famiglia, l’unica cattolica della Striscia di Gaza, racconta al Sir un anno di guerra scoppiata a Gaza dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, contro Israele da parte di Hamas.
Un attacco senza precedenti, per la complessità dell’operazione, per il numero di vittime israeliane (oltre mille persone sono state uccise) e di ostaggi catturati, e per la crudeltà con cui è stato condotto.
Padre Gabriel è rientrato nella Striscia a maggio scorso – in occasione della visita di solidarietà a Gaza del patriarca latino di Gerusalemme, cardinal Pierbattista Pizzaballa – dopo 8 mesi, perché costretto a Betlemme dallo scoppio della guerra, ma in questo tempo non ha mai lasciato soli i suoi fedeli, poco più di 100 anime.
«Sono rimasto in contatto continuo con loro e con il mio vicario, padre Youssef Asaad – ricorda il sacerdote di origini argentine appartenente all’Istituto del Verbo Incarnato (Ive) -.
La parrocchia pochi giorni dopo l’attacco era diventata già un rifugio per i nostri cristiani sfollati dai bombardamenti israeliani”.
Risale a quei momenti la prima telefonata di Papa Francesco che, aggiunge il parroco, “mi ha manifestato la sua vicinanza e la sua preghiera per la comunità ecclesiale di Gaza e per tutti i parrocchiani e abitanti».
Telefonate che sono diventate un appuntamento giornaliero.
«Papa Francesco – rivela padre Gabriel – ci telefona sempre. Ci ha chiamato anche durante il suo ultimo viaggio in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore.
Ogni sera, alla stessa ora molti dei nostri sfollati si ritrovano per ascoltare e, quando possibile, vedere il Pontefice, per ricevere un saluto e la sua benedizione.
La sua vicinanza materiale e spirituale è per noi un vero balsamo e motivo di speranza».