«Con dolore ho appreso la notizia della morte, in un incidente, di padre Matteo Pettinari, giovane missionario della Consolata in Costa d’Avorio, conosciuto come il missionario ‘instancabile’ che ha lasciato una grande testimonianza di generoso servizio».
Sono le parole del Pontefice, pronunciate ieri, dopo la notizia del decesso del missionario anconetano in Costa d’Avorio, avvenuta il 18 aprile scorso, in seguito ad un incidente d’auto con un bus di linea.
Padre Matteo, 42 anni, sacerdote dal 2010, si trovava in macchina a percorrere la strada che, attraversando il Paese, collega il Nord con la capitale Abidjan, sulla costa atlantica.
La prima testimonianza diretta è arrivata via Whatsapp ai confratelli della Consolata da padre Stefano Camerlengo, con lui in missione.
E la riporta il sito dei padri della Consolata:
«Di fronte a un triste evento come questo cosa impariamo? – si è chiesto padre Stefano – Sono situazioni che non hanno risposta e che capiremo solo quando saremo con il Signore».
Sta di fatto che padre Pettinari era nel pieno della sua missione, ricca di energia e passione e stava donando moltissimo ai cristiani della sua comunità in Costa d’Avorio.
Una missione “spezzata”, dicono i suoi confratelli, che però in questi anni aveva già colto molti frutti e ricevuto in cambio amore da quanti, cristiani e non cristiani, avevano avuto l’opportunità di entrare in contatto con lui e con il suo enorme carisma.
«Abbiamo davanti una persona buona e generosa che si è donata, un missionario della Consolata con lo spirito dell’Allamano: amore e passione per la gente, voglia di promozione umana per fare crescere le persone; oltre a una grande intelligenza che gli ha permesso di essere aperto a tutti e amico di tutti», dice ancora di lui padre Stefano.
«Celebriamo la morte di un uomo che, come buon pastore, si è speso per le sue pecore che conosceva, con la preoccupazione anche per quelle che non stavano nell’ovile e le cercava.
Credo che questo sia il ricordo più bello di padre Matteo».
E ancora padre Stefano:
«Davanti a una persona giovane, buona e un missionario instancabile, come ha detto il Papa Francesco, non ci sono altre parole da aggiungere».
La storia di padre Pettinari è tutta all’insegna del vangelo e del dono del sacerdozio, avvenuto l’11 settembre 2010.
Dopo aver frequentato il seminario di Ancona era entrato nell’Istituto dei Missionari della Consolata ed aveva concluso la formazione e la professione dei voti temporanei il 27 agosto 2006.
Si era poi specializzato in teologia biblica a Madrid e, prima dell’ordinazione sacerdotale, dal 2007 al 2009 aveva svolto uno stage pastorale a Sago, in Costa d’Avorio.
Questo Paese africano gli era rimasto nel cuore e così lo aveva scelto più tardi come meta del suo servizio missionario, nel 2011.
Qualche anno fa, in un’intervista a “La voce misena”, periodico della diocesi di Senigallia, padre Matteo aveva detto:
«Quello che l’Africa mi ha insegnato è di vivere la vita non a partire dai problemi che ci sono o che non ci sono, che potrebbero esserci o non esserci, ma dalle relazioni che, comunque e sempre, sono il sale, la gioia, la ricchezza del quotidiano.
Io amo dire quando sono a Dianra – aggiungeva – che abbiamo mille problemi, ma mille e una soluzione, nel senso che le difficoltà, le crisi, la precarietà di ogni tipo non dovrebbero condizionare lo slancio con cui si affrontano le giornate».
Padre Alexander Likono, che ha lavorato con lui per 13 anni, racconta sul sito dei padri della Consolata, che insieme avevano organizzato la formazione in Costa d’Avorio, lavorato nei centri sanitari di Marandallah e Dianra.
Lo definisce «un uomo di grande fede che amava veramente la preghiera e la Parola di Dio».
«Anche se arrivava stanco, non lasciava mai il suo impegno di preghiera».
Padre Matteo è stato il suo vice-superiore per tre anni e recentemente erano nella stessa comunità di Dianra.
«Ricordo la sua passione e il suo entusiasmo per la missione, la sua energia e il desiderio di donarsi completamente per il regno di Dio, la salvezza e il benessere di tutte le persone.
Era un vero figlio dell’Allamano e della Consolata.
Abbiamo perso un missionario molto intelligente e capace di fare tante cose con precisione e ordine», dice padre Alexander.