Dopo il Centro Astalli, anche i missionari comboniani prendono posizione contro il cosiddetto Decreto legge Salvini sull’immigrazione, e lo contestano radicalmente perché in «netto contrasto con la dottrina sociale della Chiesa e gli insegnamenti del Papa».
«Come missionari comboniani – scrivono in un comunicato – intendiamo manifestare il nostro totale disaccordo nei confronti del decreto legge Sicurezza e immigrazione, varato dal Consiglio dei ministri, perché considera l’immigrazione principalmente come un problema di ordine pubblico».
Questo decreto (che ora dovrà passare al vaglio del Parlamento) cancella di fatto i «diritti fondamentali degli stranieri – contestano i missionari – e rischia di incrementare ancora di più la percezione che i rifugiati sono una minaccia per la sicurezza dei cittadini italiani, e non persone da proteggere».
Anche il cardinal Peter Turkson, Prefetto del Dicastero vaticano per lo Sviluppo Umano Integrale, ieri ha fatto sapere che spera che la misura del governo, non ancora definitiva, venga modificata in sede parlamentare e che migrare «non è un crimine».
Il Centro Astalli dei Gesuiti, giorni fa aveva scritto che «l’unificazione del Decreto sicurezza e del Decreto immigrazione in un unico testo di legge ci pare fuorviante e sbagliata. Ancora una volta si va a reiterare la nefasta equazione che assimila i problemi di sicurezza interna, come criminalità organizzata e terrorismo, al tema della gestione delle migrazioni e in particolare delle migrazioni forzate, che ben altro sforzo legislativo richiedono in termini di programmazione, gestione e integrazione dei migranti».
I gesuiti scrivono che «è un arretramento sostanziale la riforma dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e l’esclusione da questo tipo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Viene così meno il principio fondamentale secondo cui la riuscita di un percorso di integrazione debba partire dalla prima accoglienza, come chiaramente espresso anche nel Piano Integrazione per i rifugiati del Ministero dell’interno».
Mentre nella nota dei comboniani si legge che «l’aspetto securitario del decreto legge, indiscutibilmente necessario, non deve e non può mettere in secondo piano l’aspetto più importante, e cioè che l’immigrazione non è una maledizione ma una risorsa per la società».
E ancora: «in sintonia con tante associazioni cattoliche e laiche impegnate nel settore dell’immigrazione, deploriamo il fatto che i cambiamenti presentati nella legge vanno a peggiorare invece che migliorare le leggi vigenti in materia di immigrazione».
I comboniani contestano nello specifico la riduzione della concessione del diritto di asilo per motivi umanitari riservato a poche eccezioni che «nega la protezione a chi, ad esempio, proviene da paesi dove c’è seria instabilità politica e la vita delle persone è in pericolo».
Inoltre, «riteniamo un errore il ridimensionamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo (Sprar) – uno tra i pochi esempi di successo di accoglienza integrata realizzata dai comuni in collaborazione con associazioni volontarie – che andrà ad accrescere il numero di clandestini destinati a languire nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas). Irragionevole ci pare poi la scelta di raddoppiare i tempi di permanenza nei Centri per il rimpatrio (Cpr) fino a 180 giorni, misura che porterà a prolungare inutilmente la detenzione amministrativa di persone che non hanno commesso alcun crimine».
Infine dicono che «come cristiani e missionari riteniamo che l’impianto generale della legge Sicurezza e immigrazione sia in netto contrasto con la dottrina sociale della Chiesa e gli insegnamenti di papa Francesco e dei suoi predecessori che costantemente invitano all’accoglienza di profughi e immigrati, incoraggiandone l’integrazione nella società.