Il neo-rieletto presidente del Ciad, Idriss Déby, 68 anni, è morto stanotte in seguito ad un attacco armato da parte delle fazioni ribelli. E’ quanto hanno riferito fonti dell’esercito ciadiano alla stampa. Déby avrebbe iniziato presto un sesto mandato come presidente, dopo il verdetto delle urne che avrebbe sancito (tra le proteste), l’ennesima vittoria del presidente in carica, dopo il voto di aprile.
Il Ciad non è nuovo ai disordini, alle insurrezioni armate e alla guerriglia: si tratta di uno di quei Paesi instabili dove da decenni si combatte una guerra definita “a bassa intensità”, provocata dalle continue incursioni di ribelli in lotta col presidente, Idriss Déby, al potere dal 1990, quando con un colpo di Stato depose il precedente.
«Da allora – ci raccontava esattamente un anno fa Suor Paola Nuzzi, missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret a N’Djamena, che avevamo incontrato in una pausa romana – l’opposizione ciclicamente tenta di deporlo per cui ci sono giorni terribili di guerra».
La guerriglia sembra essere una cosa di routine in Ciad e non fa più notizia: «quelli che muoiono sono sempre i più poveri, perché non riescono a difendersi – diceva suor Paola – A noi suore che viviamo a N’Djamena, la vita sembra tranquilla, ma sappiamo bene che dall’altra parte del Paese si continua a combattere. I civili continuano a morire. E sono tanti, davvero tanti!».
Il gruppo terrorista Boko Haram imperversa nella regione del lago Ciad, al confine con il Camerun: nell’aprile 2020 le truppe governative, coordinate dallo stesso Idriss Déby avevano lanciato un’offensiva, la cosiddetta “Operation wrath of Boma”, uccidendo circa mille miliziani.
«Le persone hanno paura e molte volte abbiamo avuto paura anche noi suore», raccontava la missionaria.
La vita in questa ex colonia francese è misera e la sofferenza molta: «Quando sono arrivata in Ciad negli anni Ottanta – ricorda la missionaria – questa terra non dava nessun frutto, sembrava dura come il cemento. Adesso si comincia a coltivare, ma i nostri stessi governanti hanno sempre saputo che far crescere il Paese significava non avere più il controllo sul popolo. Quando sono arrivata c’erano appena cinque km di strada asfaltata».
Le missionarie della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret operano tra Repubblica Centrafricana, Ciad e Camerun dal 1960.
«Noi abbiamo aperto la prima casa in Repubblica Centrafricana nel 1960, poi nel 1962 in Ciad – ricorda – Dopo qualche anno abbiamo avviato le prime scuole e la promozione della donna. Questi sono stati i nostri primi approcci. In Ciad si lavorava molto nei dispensari: oggi a N’Djamena c’è il nostro coordinamento delle missionarie dei tre Paesi. Abbiamo anche alcune giovani che si stanno preparando alla vita religiosa. In Camerun abbiamo anche un nostro ospedale, e lo stiamo portando avanti con molto impegno».
(foto esente da copyright: Citizens fetching water from a community borehole in Chad. Photo: UNDP / Jean D. Hakuzimana)