Dopo che la guerra è stata dichiarata conclusa nel dicembre del 2017, il complicato processo per recuperare la città di Mosul, nel Nord dell’Iraq, è stato lungo, frammentario e inadeguato.
Oltre al ripristino delle infrastrutture di base e dei servizi pubblici, i residenti affermano che per dare impulso ad una reale ripresa è necessario un approccio più «incentrato sull’essere umano» e la comunità.
La distruzione di Mosul emersa dal conflitto infinito contro lo Stato islamico, è stata catastrofica.
Interi quartieri sono stati ridotti in macerie e le infrastrutture fondamentali come l’acqua e l’elettricità sono state completamente distrutte.
Il conflitto ha lasciato molti residenti sfollati senza casa né lavoro, esacerbando i problemi sociali ed economici esistenti.
Ma la ricostruzione finora si è concentrata principalmente sugli edifici, le strade e gli spazi comuni della città. Che ne è della gente?
I cittadini lamentano che è necessario un maggiore impegno nella ricostruzione della società e nel passaggio dai progetti alla realizzazione, affrontando gli impatti sociali ed economici del conflitto.
I giovani in particolare hanno un grande desiderio di recuperare Mosul attraverso iniziative civili in una società fortemente armata. Le istituzioni irachene lottano per incorporare i giovani dove le strutture organizzative ed educative rimangono autoritarie.
Oltre la metà della popolazione totale dell’Iraq, che ha alle spalle più di 40 milioni di anni, ha meno di 25 anni.
Ines Majeed, 27 anni, è una giovane artista figlia d’arte che venne arrestata dall’ISIS per aver commesso il ‘reato’ di «creare arte», e oggi dice che «abbiamo bisogno di più spazi culturali a Mosul per i giovani per far rivivere questa città e combattere l’ideologia».
Ahmed Ibrahim concorda sulla necessità di investimenti per le nuove generazioni.
Atleta e assistente del preside in una scuola di Mosul, Ibrahim vuole vedere maggiori investimenti nelle strutture sportive:
«È necessario concentrarsi maggiormente sullo sport affinché i giovani si sviluppino e partecipino alle competizioni, ma è molto difficile attirare l’attenzione delle autorità o persino della nostra società per questo così tanti giovani atleti si arrendono».
I giovani stanno lavorando per recuperare Mosul anche in altri settori. I tassi di disabilità sono sproporzionatamente alti in Iraq a causa delle ferite legate alla guerra e di un sistema medico che ha subito decenni di conflitti.
Noor, una studentessa dell‘Università di Mosul, aveva bisogno di un intervento chirurgico agli occhi che era impossibile durante il periodo in cui l’ISIS governava la città, quindi ha perso completamente la vista.
Da allora ha imparato da sola a svolgere le attività quotidiane, cammina con un bastone e riesce a frequentare l’università.
«Adesso ci sono molti studenti disabili e ci sosteniamo a vicenda negli studi e portiamo aiuti dall’estero, ma non c’è supporto da parte delle istituzioni educative».
Il recupero degli ospedali di Mosul è un problema per Zaid Thafer, 40 anni, medico dell’ospedale AlSalam che ha istituito una clinica di beneficenza gratuita.
«C’è una evidente mancanza di risorse nel settore sanitario e una grave carenza di personale medico qualificato. Se qualcuno ha bisogno di operazioni o trattamenti medici speciali, deve viaggiare lontano in altre città, ma stiamo facendo di tutto per sostenerli qui».
Collegata alle cure mediche c’è un’altra piaga a Mosul: residui di piazzati dall’ISIS e mine continuano a uccidere e mutilare civili.
Rahma Waleed, 27 anni, è una sminatrice e un’attivista che lavora per aumentare la consapevolezza di questo pericolo:
«Tra i feriti ci sono moltissimi bambini che hanno continuato ad incappare in queste mine mentre giocano all’aperto e le madri sono lasciate a prendersi cura delle loro orribili ferite.
Gli sforzi di sminamento sono incompleti, troppo lenti e ci sono troppo poche risorse».
Risorse troppo scarse, rinascita lenta, frammentaria, conflitti politici e mancanza di trasparenza.
Lo stato di salute di Mosul malgrado tutto migliora a quasi sei anni dalla sconfitta dell’Isis in Iraq.