E’ stato molto chiaro oggi il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Cei: il decreto ‘sicurezza’ sulle migrazioni deve essere rivisto, così com’è non va. Nel frattempo, mentre si attende di modificarlo, andrebbe «integrato». Le condizioni di vita di chi arriva in Italia dopo infiniti viaggi, sono peggiorate sotto tutti i punti di vista, in seguito all’entrata in vigore di questo decreto.
L’occasione per parlare della inadeguatezza della politica e della complicata vita di chi emigra, è stata la presentazione del Rapporto annuale 2019 del Centro Astalli, in un gremitissimo Teatro Argentina a Roma.
Rispondendo, assieme a padre Camillo Ripamonti, alle domande di Giovanni Floris, il cardinal Bassetti ha dapprima ammesso di «non avere gli strumenti per misurare la fede e la religiosità di nessuno», in riferimento alla mancata accoglienza di chi si dice cristiano.
E poi ha aggiunto: «Questo decreto è insufficiente e va rivisto e finchè non viene rivisto va integrato».
L’allarme è forte e molto sentito da parte delle strutture di accoglienza come il Centro Astalli.
L’abolizione della protezione umanitaria – ha spiegato anche padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli – , il complicarsi delle procedure per l’ottenimento di una residenza e il moltiplicarsi di ostacoli burocratici a tutti i livelli, «finiscono per escludere un numero crescente di migranti dai circuiti d’accoglienza».
Il cardinal Bassetti ha spiegato che «i migranti vanno soccorsi e salvati, non bloccati in paesi terzi non sicuri», con riferimento alla Libia, e che «ogni morto in mare o nel deserto è un’offesa che colpisce il genere umano».
Il discorso migratorio, dice il cardinale, è una materia complessa che non può essere ridotta a delle semplificazioni, pertanto occorre «rifiutare le narrazioni allarmistiche o eccessivamente semplificatorie» che non danno conto delle motivazioni più profonde all’origine delle partenze.
«Se milioni di uomini e donne affrontano viaggi disperati- ha argomentato il presidente della Cei – le ragioni devono essere molto profonde». E in effetti in ognuno dei Paesi di provenienza i contesti socio-politici sono allarmanti. Le storie dei rifugiati, arrivati fin da noi dopo anni di indicibili sofferenze, sono storie di resilienza e ci parlano di percorsi migratori giunti a termine. Ma è difficile superare i traumi subiti lungo il tragitto.
«Ho capito subito che in Libia era peggio che in Mali. Quindici ore al giorno di lavoro nero per due soldi che ci venivano rubati regolarmente. Costretti a vivere in un campo all’aperto insieme ad altre migliaia di ragazzi come me. poi il mare, i trafficanti». E’ la testimonianza a di Moussa, rifugiato dal Mali.
Anche per padre Ripamonti il decreto sicurezza «rallenta il processo di integrazione e rischia di creare più irregolarità che non sicurezza. Ritarda l’inclusione».
Padre Camillo dice che «questo clima politico ha fatto dei migranti,in alcuni casi il capro espiatorio di scelte politiche che negli anni non sono state lungimiranti per nessuno».
Il Centro Astalli nel suo rapporto scrive che «negli ultimi mesi la vita delle persone assistite è segnata sempre più dalla precarietà» e anche per gli operatori del Centro non è facile gestire una continua emergenza.
Sono stati 25mila gli utenti nel 2018 in tutta Italia, di cui 12mila a Roma. I volontari sono 594 e i pasti distribuiti in quell’anno oltre 54mila. Le persone accolte sono state 1018, di cui 375 a Roma.