Stop quanto prima all’era dei combustibili fossili, poiché il tempo stringe e l’emergenza è globale. Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche per ognuno di noi. Boicottare e disinvestire è uno degli strumenti in nostro possesso.
E’ quanto ha ripetuto Tomas Insua, attivista del Movimento cattolico mondiale sul clima, intervenuto oggi al seminario “Diseguaglianze, quale futuro? Da Katowice 2018 (COP24) al Sinodo dell’Amazzonia 2019”, presso Caritas Italiana, nell’ambito della Campagna nazionale “Chiudiamo la forbice dalle disuguaglianze al bene comune”.
«L’ambizione dei governi non è in linea col tempestivo intervento chiesto dagli scienziati», ha detto Insua citando i dati dell’Ipcc,l’International Panel sui cambiamenti climatici che lanciò l’allarme anni fa. Ma lo stato d’allerta ora deve essere tradotto in misure valide.
Insua ha ribadito che è necessario «fare pressione sui politici affinché prendano misure adeguate», ma in mancanza di iniziative dall’alto, il compito spetta anche alle comunità cristiane sul territorio, a partire dalle nostre diocesi e dalle parrocchie.
«Disinvestire dalle aziende che usano combustibili fossili» è uno degli strumenti a nostra disposizione, ha detto ancora l’attivista argentino.
«Cinque diocesi italiane lo hanno già fatto e anche le Conferenze Episcopali di Irlanda e Belgio sono andate in questa direzione», ha aggiunto.
Il dibattito in corso riguarda il livello dell’innalzamento delle temperature globali: già un aumento di 1,5 gradi comporterà conseguenze «quasi catastrofiche», dicono gli esperti, lasciare salire le temperature fino a due gradi è un atto irresponsabile.
L’argomento clima è uno dei temi cruciali nell’ambito della Campagna nazionale “Chiudiamo la forbice, dalle disuguaglianze al bene comune”, lanciata sei mesi fa da Caritas Italiana, Missioe una decina di altre sigle del mondo cattolico, tra cui Focsiv.
All’incontro di oggi, coordinato da Andrea Stocchiero di Focsiv, che ha introdotto il tema del fallimento del vertice Onu Cop24 in Polonia, erano presenti anche Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e politiche ambientali della Fondazione Lanza e Paolo Venezia, responsabile di Slow Food Roma. «I milioni di persone più a rischio sono i poveri», ha fatto notare Venezia. Poiché è proprio nei Paesi in via di sviluppo che le conseguenze tragiche di un clima impazzito mietono più vittime, come nel caso delle Filippine.
Ma proprio perché l’argomento è cruciale per il futuro dell’umanità e per le generazioni che verranno, ognuno di noi deve sentirsi coinvolto in prima persona nell’aumentare consapevolezza generale e stimolare i governi ad agire. Il tempo stringe e siamo costretti a far presto.
Foto d’apertura tratta da Business live