Il Mozambico è ancora in pericolo, nonostante il mondo abbia abbassato la guardia e l’argomento sia uscito dai radar dell’informazione globale.
Cabo Delgado, la regione del nord nel mirino delle milizie, è ancora soggetta ad assalti armati da parte di gruppi di ‘insurgentes‘, ossia islamisti che si fanno chiamare Al Shabab. E che sostanzialmente controllano la regione.
Lo raccontano le missionarie comboniane che vivono nella regione di Nampula e lo confermano i dettagliati report settimanali prodotti dall’Osservatorio sul conflitto ‘Cabo Ligado’, disponibile on-line. Clicca qui
Da ottobre 2017 (anno di inizio della guerra interna) a maggio del 2023, si legge, «i civili uccisi dalla violenza politica (ossia quella islamista ndr.) ammontano ad oltre duemila».
E nonostante il pericolo sia molto diminuito e la popolazione di Cabo Delgado fuggita al sud, la guerriglia prosegue.
«Movimenti di terroristi su larga scala sono stati segnalati nel distretto di Macomia, a Cabo Delgado, la scorsa settimana, mentre il ritorno dei combattenti verso il distretto di Nangade continua a causare forte allarme», si legge nelle pagine dell’Osservatorio Cabo Ligado dell’ultima settimana di maggio 2023.
«Al nord gli attacchi continuano anche se se ne parla di meno – ci racconta al telefono da Nampula suor Anna Insogna, comboniana – I missionari di Cabo Delgado sono andati via da lì e hanno raggiunto altre missioni più a sud, ma restano comunque in stretto contatto con le comunità cristiane del Nord, da Palma a Mocimboa da praia a Macomia».
Quest’ultima è stata particolarmente vessata dai gruppi armati: «Siamo profughi anche noi come i nostri parrocchiani – ci raccontavano ben tre anni fa padre Benjamin Insoni e Jeancy Kayaba della Procura delle Missioni Cavanis – Le nostre necessità sono tante. Solo il Signore può sostenerci». (clicca qui)
A maggio 2020 Macomia venne occupata da novanta jihadisti che la tennero sotto scacco per tre giorni.
Il giornale locale Club of Mozambique riporta oggi notizie di ritrovamenti di corpi nelle zone degli scontri: il giornale conferma che gran parte degli abitanti sono sfollati al sud, tuttavia molti di loro stanno facendo ritorno al Nord, «per via della mancanza di lavoro e scarsità di cibo».
Ma cosa attrae fortemente i gruppi armati in questa zona? Certamente la ricchezza del suolo e del sottosuolo, con i giacimenti di gas (che però si trovano nelle acque profonde, gestiti da Eni e Total) e le miniere di rubini ed oro.
In particolare Montepuez è il distretto dei rubini: una delle miniere «è gestita dall’indiana Gemrock adiacente a un altro sito estrattivo della britannica Montepuez Ruby Mining (Mrm) che ha sospeso le attività evacuando dall’area imprenditori e lavoratori», si legge in un pezzo di Nigrizia di ottobre 2022.
Inoltre la terra qui è fertile e dà frutto, tanto che si è parlato di una forma di land grabbing.
«Il 24 maggio scorso, le forze di Intervento rapido della polizia mozambicana (UIR) hanno teso una imboscata vicino al villaggio di Ngangolo, circa 20 km a Sud del distretto di Nangade ed hanno ucciso cinque ‘ribelli’ – si legge ancora nelle cronache dell’Osservatorio di questi giorni del 2023 – Anche due membri delle Forze di polizia sono stati uccisi nell’agguato».
Anche il Sud e la parte centrale del Mozambico non possono dirsi tutt’oggi completamente al riparo dalla violenza e dal rischio di incursioni armate.
A Chipene, dove perse la vita suor Maria De Coppi, la comboniana uccisa dai ‘ribelli’ il 6 settembre del 2022, la vita è ripresa a scorrere tutto sommato come prima ma la paura resta.
In uno dei video prodotti da Missio per la giornata dei Missionari Martiri Suor Laura Malnati, superiora delle comboniane dice:
«la sfida di oggi è rimanere dove è difficile stare, dove a volte sembra che seminiamo senza raccogliere niente; dove talvolta perfino non siamo granché desiderate, dove ci possono essere pericoli».
E lo si fa «sempre con quella fedeltà a Dio che ci parla attraverso la sua Parola, invitandoci ad essere fedeli al popolo presso cui siamo inviati».