In Brasile migliaia di persone sprofondano nel tunnel della fame. Secondo una recente ricerca della Fondazione Getulio Vargas, il numero di brasiliani che vivono sotto la soglia della povertà è triplicato negli ultimi due anni.
José Graziano, ex segretario Generale della Fao, così puntualizza: «La fame di oggi non è come quella del passato. C’è cibo in abbondanza, addirittura lo si getta. Eppure in tanti, in Brasile, fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena».
La carne è sparita dalla tavola perché troppo cara.
Questo Brasile, sul cui territorio abitano 220 milioni di persone, è così esteso e ricco di risorse che potrebbe dar da mangiare a un miliardo di persone.
Uno studio recente dell’Ente brasiliano di ricerca agro-zootecnica (Embrapa) ha mostrato che nel 2020 il Brasile ha prodotto il 50% dell’offerta mondiale di soia e ha raggiunto la posizione di secondo esportatore di granoturco.
Il Paese ha la più grande mandria di bovini al mondo ed è il più grande esportatore di carne, e si è anche affermato come il più grande produttore di zucchero e caffè.
Ma dove va tutta questa ricchezza? Da quando è iniziata la pandemia di Coronavirus, un anno e mezzo fa, il potere di acquisto di molte famiglie brasiliane è crollato.
Non si trova lavoro, piccole e medie imprese chiudono i battenti, le porte di molti negozi popolari rimangono chiuse.
Il riso, i fagioli e la carne, che sono gli alimenti base del piatto brasiliano, sono diventati beni preziosi; il loro prezzo è schizzato alle stelle con aumenti anche del 60 e 70%.
Per cui una moltitudine di 50 milioni di brasiliani sopravvive in situazioni disagiate, e circa 20 milioni si dibatte tra i morsi di una estrema povertà, anche rovistano tra i rifiuti.