Nei mesi scorsi 283 deputati brasiliani contro 155 hanno approvato il progetto di legge che promuove la tesi del marco temporal (limite temporale, ndr): in base a questa misura i popoli indigeni che non possono provare che al momento della promulgazione delle Costituzione il 5 ottobre 1988, abitavano fisicamente sulle loro terre, non vi hanno più alcun diritto.
La Chiesa cattolica, impegnata da decenni e recentemente ancora di più nel processo iniziato col Sinodo per l’Amazzonia, vuole continuare ad essere alleata dei popoli originari, aiutarli e sostenerli perché possano vivere pienamente e con dignità nei propri territori.
Monsignor Roque Paloschi, arcivescovo di Porto Velho e presidente del Consiglio Indigenista Missionario (CIMI), ha affermato che la Chiesa non può abbandonare la sua missione, ossia stare accanto ai popoli indigeni.
Monsignor Paloschi ha sottolineato come la decisione della Camera non è l’ultima parola, in attesa della decisione del Senato, e ha detto:
«confidiamo che il Supremo Tribunale Federale appoggerà gli indigeni, i popoli che vivevano qui già prima della costituzione dello Stato brasiliano, ricordando che questi diritti sono inalienabili, non è possibile alterare questi diritti».
Il vescovo ha detto, riprendendo la prospettiva biblica: «Un giorno Dio ci chiederà, come ha chiesto a Caino, dov’è tuo fratello? Dove sono le popolazioni indigene che nel 1500 erano quasi sei milioni, e oggi rappresentano un numero insignificante nel Paese?».
L’approvazione di questo disegno di legge avviene in un momento in cui il governo Lula non ha la maggioranza al Congresso nazionale.
L’approvazione è una vittoria della ‘bancada ruralista’ sull’agenda ambientale del presidente Lula che aveva promesso la demarcazione delle terre indigene al momento della sua elezione.