Brasile, Cimi: un anno “tragico” per i popoli indigeni

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Il Covid ha bloccato moltissime attività economiche e stroncato le vite dei poveri in Brasile, ma non ha impedito ai “ladri di terre e risorse” di proseguire nella predazione del territorio.

E’ in estrema sintesi quanto si evince dall’annuale report (Rapporto sulle violenze contro i popoli indigeni del Brasile) del Consiglio indigeno missionario (Cimi), organismo affiliato alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile. Che dimostra, dati alla mano, quanto il 2020 sia stato un anno tragico per i popoli indigeni presenti sul territorio nazionale.  

I grileiros (letteralmente “ladri di terre pubbliche”), i garimpeiros (cercatori d’oro), le madeireiras (imprese del settore del legname) e altri hanno aumentato la predazione e l’invasione di territori indigeni. 

Alla presentazione erano presenti, tra gli altri, il presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), dom Walmor Oliveira de Azevedo, il segretario generale, dom Joel Portella, il presidente del Cimi, dom Roque Paloschi, e il segretario esecutivo dell’organismo, Antônio Eduardo Cerqueira.

A parlare del Rapporto è l’agenzia Sir che in un articolato resoconto riporta che, nel 2020, i casi di «invasioni nelle aree indigene, sfruttamento illegale delle risorse e danni al patrimonio» sono decisamente aumentati riguardo al già allarmante numero registrato nel 2019, primo anno del governo Bolsonaro.

Nel 2020, dice ancora il Sir, «sono stati registrati 263 casi, in aumento rispetto all’anno precedente, quando erano stati contati 256 casi, con un’impennata del 137% rispetto al 2018, quando erano stati identificati 111 casi d’invasione. Quello del 2020 è il quinto aumento consecutivo registrato, prendendo in esame 201 aree indigene, appartenenti a 145 popoli indigeni, in 19 Stati della federazione brasiliana».

Va sottolineato anche il considerevole aumento delle morti violente di indigeni nel Brasile. Nel 2020, 182 indigeni sono stati assassinati, un numero del 61% maggiore rispetto a quelli registrati nel 2019, quando erano stati 113.

Naturalmente, questo andamento si è sommato alla situazione sanitaria. Il Rapporto sottolinea che il 2020 «è stato segnato dall’alto numero di vittime mortali, verificatesi a causa della cattiva gestione nell’affrontare la pandemia nel Brasile, basata sulla disinformazione e sulla negligenza del Governo federale.

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