Almeno altri 22 palestinesi hanno perso la vita oggi a Rafah, nella Striscia di Gaza, in seguito ad un nuovo attacco aereo da parte delle forze armate israeliane.
In queste ore Hamas e il governo di Israele stanno affrontando una forte pressione negoziale da parte degli Stati Uniti e dei mediatori internazionali, affinchè si raggiunga un’intesa sul ‘cessate-il-fuoco’ temporaneo a Gaza.
Il nodo riguarda gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas: in cambio di una tregua (‘truce’ in inglese) che dovrebbe evitare almeno temporaneamente l’invasione di Rafah, Tel Aviv chiede la liberazione di un numero di ostaggi che va da 20 a 33.
La CNN conferma che i leader di Hamas stanno valutando l’offerta dell’Egitto e potrebbero dare l’ok alla liberazione di 33 persone ancora nelle loro mani: in cambio riceverebbero la garanzia di una interruzione delle ostilità per alcune settimane, che darebbe ai palestinesi accampati il tempo di trovare un nuovo rifugio.
La seconda fase dell’accordo (non ancora sdoganato dalle parti), prevede invece il ripristino di una “sustainable calm”, ossia di una ‘calma sostenibile’, durante la quale gli ostaggi rimasti, alcuni soldati israeliani rapiti e i corpi delle vittime, possano essere scambiati con un certo numero di palestinesi prigionieri di Israele.
La ‘tregua’ (parte della prima fase del ‘pacchetto’ di cessate il fuoco) è considerata l’ultima chance per il popolo palestinese in agonia, prima che Israele possa mettere in atto il suo piano di invasione (con i carri armati già schierati), del valico di confine con l’Egitto, dove ancora sono ammassate centinaia di migliaia di persone.
Nonostante la mediazione in corso, oggi comunque su Rafah sono piovute bombe.
Antony Blinken, il Segretario di Stato americano, si è detto fiducioso, “hopeful”, che Hamas accetti l’ultima proposta messa in campo.
Il timore è che dopo l’eventuale tregua di alcune settimane, e dopo aver ricevuto in cambio gli ostaggi, Israele possa comunque decidere di attaccare Rafah e di invaderla in modo permanente.
Nel frattempo inizia a muoversi anche il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja che potrebbe far partire un ordine di arresto internazionale per ‘crimini di guerra’ contro il premier Benjamin Netanyahu.
Il quale ha già dichiarato che «non accetterà mai un tentativo della Corte Internazionale di Giustizia di minare il suo giusto diritto all’autodifesa».
Eppure, ciò che Israele continua a chiamare legittima difesa (anche dopo oltre 34mila persone civili ammazzate), la Corte potrebbe definire ‘crimine di guerra’.