Il futuro del mondo è l’Africa ma non è il solito luogo comune della stanca narrazione mainstream.
Secondo gli esperti, entro il 2050 il 57% della crescita globale demografica interesserà la regione subsahariana, che arriverà ad ospitare il 23% della popolazione mondiale, ovvero all’incirca due miliardi e 300 milioni di abitanti.
Su tutto questo gravano i cambiamenti climatici che influiranno sull’agricoltura e sulle migrazioni, senza sottovalutare le trasformazioni tecnologiche ed i cambiamenti sociali e politici.
Gli studiosi mettono in guardia: bisogna cominciare a pianificare da subito le città che offrendo possibilità di sviluppo economico e sociale rischiano però di morire soffocate da traffico, rifiuti, scarsità di energia ed acqua (tutto necessario alla salvaguardia della salute).
E tra le pieghe dell’espansione selvaggia si nasconde il buio delle baraccopoli, con una qualità della vita ben più carente delle aree agricole abbandonate per cercar fortuna altrove.
L’obiettivo è dunque alleggerire la pressione urbana creando centri con 150mila abitanti al massimo, una dimensione in grado di garantire anche servizi adeguati alla popolazione (scuole, sanità, trasporti, etc.).
In questa ottica una multinazionale sta realizzando quattro nuove città nelle periferie di Nairobi (Kenya), Abuja e Lagos (Nigeria), ed Accra (Ghana).
Un esperimento che tende anche a coinvolgere in prima persona i futuri abitanti rendendoli consapevoli della necessità di voltare pagina, accantonando l’approccio post colonialista degli aiuti stranieri e facendosi carico di progetti sostenibili per la comunità.
Tutto ciò è ovviamente in contraddizione con le linee attuali di sviluppo.
Oggi il cemento (di cui la produzione nei paesi industrializzati è in calo) è il materiale simbolo dello sviluppo africano ma è anche responsabile dell’8% totale delle emissioni di anidride carbonica.
Ma è un affare economico gigantesco che ha convinto multinazionali ed imprese locali ad aprire cementifici ovunque, con un inquinamento che cresce alle stelle.
Di pari passo con misure da adottare nei Paesi ricchi, vanno presi provvedimenti compatibili in Africa, altrimenti ancora una volta non cambierà nulla.