Il Piano Mattei, tutt’altro che orientato alla ‘green economy’, aspira ad essere un incontro tra domanda ed offerta in ambito energetico, con priorità sul gas & oil.
A confermarlo, ognuno con la propria expertise e il proprio ambito di competenza professionale, sono due dei massimi esperti del continente: Giuseppe Mistretta, diplomatico, già ambasciatore d’Italia in Angola e in Etiopia, e Mario Giro, analista, politico, giornalista.
«Sono gli africani stessi (i governi ndr.) che chiedono di mantenere il gas come forma di energia». Una richiesta che va assecondata.
Così ha detto Mistretta nel corso di uno dei dibattiti pubblici organizzati dalla Fondazione Nigrizia a Verona per Africae.
Il diplomatico è oggi nella Direzione generale mondializzazione e questioni globali con delega a diversi paesi africani.
E fa parte dell”intellighenzia’ del Piano Mattei.
«Noi (italiani ndr.) dobbiamo tener conto che abbiamo un problema di approvvigionamento energetico – ha proseguito – mentre loro (africani ndr.) hanno un problema di economia».
Sta tutta qui, nell’incontro tra domanda ed offerta l’occasione d’oro del Piano Mattei sul versante energetico.
Continuare ad investire nel gas da parte dell’Italia è dunque una forma di «compromesso», dice Mistretta.
D’altro canto, aggiunge, «quando sappiamo che 600 milioni di africani, ossia metà popolazione del continente, (che è dieci volte quella italiana) vive senza elettricità, possiamo arrivare a forme di compromesso.
Io condivido il green ma anche il gas come energia di transizione».
Mistretta ha aggiunto che il Piano Mattei, partorito inizialmente da una idea della premier Giorgia Meloni senza una reale condivisione del progetto a monte con il mondo diplomatico e ministeriale, si presenta come un «faro acceso sull’Africa».
E «tutto ciò che aiuta a gettare una luce sull’Africa, a noi che amiamo l’Africa, conviene».
«La politica spesso sorprende – ha incalzato subito dopo Mario Giro – : nessuno si aspettava che venisse fuori un impegno così forte e bisogna accettarlo».
Giro, diplomatico della Comunità di Sant’Egidio, anche lui nella Cabina di regia del Piano Mattei, ha premesso: «si tratta essenzialmente di un Piano politico», non umanitario; è «anzitutto basato sull’economia e su una visione statale».
Pertanto, non è detto che «quello che emergerà ci piacerà, perché non è detto che ciò che decideranno gli africani ci piaccia».
A differenza di altre iniziative lanciate negli anni, e relative al continente africano, stavolta, evidenzia Giro c’è «un’aria diversa» perchè c’è volontà politica.
Le imprese italiane che andranno ad investire avranno bisogno di garanzie finanziarie e il Piano cerca di creare «strumenti per accompagnarle».
L’idea finale è consentire anche all’Africa di produrre in loco.
Per quanto riguarda le promesse di green economy formulate finora dai protagonisti del Piano Mattei, Mario Giro è molto drastico:
«Questo governo non crede nel green.
Si continuerà a far le cose che si son fatte prima e non possiamo aspettarci nulla sul green deal».
E ancora, come chiosa finale: «sul green proprio non ci siamo», dice.
D’altra parte il Piano non nasce con questa intenzione e chi dice il contrario fa evidentemente green washing.
(La foto di apertura è di Roberto Valussi/Nigrizia)
Sul Piano Mattei e i missionari si legga qui.