Tra violenze e coronavirus, il 20 maggio gli elettori burundesi sono chiamati al voto per le presidenziali dopo i tre mandati del Presidente uscente Pierre Nkurunziza.
Dopo l’esame della Commissione elettorale CENI, sette sono i candidati che si scontreranno alle urne: Evariste Ndayishimie, candidato del Partito al potere CCNDD-FDD, ritenuto il delfino del presidente Nkurunziza; Agathon Rwasa, candidato del partito di opposizione CNL, Consiglio Nazionale per la Libertà; Gaston Sindimwo, candidato del partito Uprona che ha portato il Paese all’indipendenza nel 1962; Leonce Ngendakumana del Frodebu, partito fondato dal primo Presidente Hutu eletto democraticamente nel giugno del 1993 Melchior Ndadaye, assassinato nell’ottobre successivo; Francis Rohero e Dieudonné Nahimana, indipendenti.
Infine, dopo un primo diniego da parte della Ceni, è stata ammessa alla competizione elettorale dalla Corte Costituzionale anche la candidatura di Domitien Ndayizeye, già ai comandi del Paese in un governo di transizione dei primi anni 2000, oggi presentato da Kira – Burundi, una coalizione di opposizione che raggruppa differenti sensibilità politiche presenti in Burundi.
La campagna per le presidenziali è cominciata il 27 aprile in un clima di grande diffidenza e di attesa dopo i quindici anni di “regno” incontrastato del presiedente uscente Nkurunziza che, a Bugendana, ha presentato in pompa magna il generale Evariste Ndayishimiye considerato un suo fedelissimo anche se non mancano voci degli osservatori più attenti che mettono l’accento sulla sua personalità molto forte che potrebbe riservare anche delle sorprese.
“Abbiamo combattuto insieme – lo ha lanciato nella corsa Nkurunziza durante il suo discorso di presentazione alla popolazione – noi abbiamo sofferto insieme, siamo sfuggiti alla morte insieme. Noi due siamo la stessa cosa e il nostro destino è legato per la vita e per la morte “. Parole chiare alle quali il candidato ha risposto in modo ambiguo: “ Io comincio da zero. Nei quindici anni del Presidente Nkurunziza abbiamo messo le fondazioni, ora passeremo ad una nuova tappa”. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
L’antagonista Agathon Rwasa
Suo antagonista è sicuramente Agathon Rwasa che a Ngozi ha radunato una folla festante e che nel suo tour elettorale sta raccogliendo consensi popolari impressionanti con chilometriche maree umane pronte ad applaudirlo. Malgrado la repressione e le intimidazioni, Rwasa non è tipo da farsi mettere la museruola. Temprato da una lunga opposizione, dalla lotta partigiana e da una vita sempre sulla bilancia della precarietà esistenziale, il carisma di Agathon Rwasa sembra richiamare alla mente della gente l’atmosfera e l’attesa elettorale che hanno accompagnato nel 1993 il compianto Presidente, e non è da escludere che nell’ombra sia anche oggetto di qualche violenta trama del potere per impedirgli di arrivare alla presidenza.
Nato nel 1964, settimo di 14 fratelli, leader studentesco all’università, nel 1988 conseguita la laurea in psicologia Rwasa scappa nel campo profughi di Kigwa in Tanzania dopo i fatti di Ntega e Marangara contro la comunità tutsi, massacro che scatena la reazione del governo Buyoya contro gli intellettuali hutu come Rwasa, molti dei quali fuggono in Tanzania e in Rwanda.
Qui comincia il suo impegno politico nel movimento Palipehutu creato da Remy Gahutu nel 1980, diventando il leader del FNL, braccio armato del movimento. Personalità dura e intransigente, Rwasa è un leader tutto d’un pezzo, il maquis è la sua vita e non accetta compromessi.
Fino al 1998, quando, dopo una lunga e sanguinosa guerra civile, Rwasa entra nel sistema messo in piedi dagli Accordi di Arusha, tenendo in piedi però un nocciolo duro pronto a riprendere le armi. Solo nel 2005 i “ribelli” del FNL, ultimo movimento in guerra totale contro il governo di transizione, accettano nuovi negoziati con il Presidente Domitien Ndayizeye, oggi pure lui uno dei candidati in lizza per la presidenza del Burundi .
Dopo vent’anni passati alla macchia, Rwasa rientra in Burundi nel 2008, smobilizza le sue truppe rinunciando definitivamente alla lotta armata e il suo FNL si trasforma in partito politico.
Nel 2010 Rwasa torna a nascondersi per 3 anni dopo aver denunciato brogli elettorali di Nkurunziza: la sua casa viene attaccata, il potere lo cerca per farlo fuori. La sua prima dichiarazione una volta tornato a Bujumbura sarà: “Lavorerò giorno e notte perché il CNDD-FDD di Nkurunziza lasci il potere nel 2015”, il quale a sua volta lo accusa di crimini contro l’umanità per il massacro di Gatumba quando nel 2004 erano stati uccisi 160 tutsi banyamulenge rifugiati nel campo profughi. Sarà proprio nel luglio del 2015 che Rwasa arriverà ad un compromesso politico, da molti definito una farsa, quando lui stesso sarà eletto quasi all’unanimità vicepresidente del Parlamento dopo che Nkurunziza era stato eletto dieci giorni prima Presidente della Repubblica per la terza volta.
Affaire à suivre! 400 mila burundesi in questi ultimi anni sono dovuti scappati nei paesi limitrofi, migliaia sono stati uccisi da una violenza strisciante a noi quasi sempre sconosciuta. In questi ultimi giorni di campagna elettorale il generale Ndayishimiye parla come se avesse già vinto, non prevedendo la possibilità di perdere. Continuano le sparizioni e gli omicidi, anche solo a scopo intimidatorio, come ieri il famoso e ricco agente di cambio di Bujumbura Jackson Simbananiye. La sua colpa pare sia quella di essere uno dei finanziatori della campagna elettorale dell’opposizione. Il Burundi è a un bivio, e una strada porta certamente alla guerra civile.
Redazione NotiCum