«Purtroppo in Etiopia c’è un virus molto peggiore di qualsiasi altro: è il virus della guerra fratricida tra etnie».
Dopo alcuni mesi di stasi, durante i quali si era smesso di sparare e i convogli umanitari erano entrati nella regione del Tigray con cibo e medicine, «tre giorni fa è ripartita la guerra con bombardamenti alla capitale Mekele e rastrellamenti di Tigrini in altre città».
Lo racconta un missionario salesiano di Addis Abeba che preferisce restare anonimo.
Gli aiuti umanitari nel Tigray sono stati interrotti: «una catastrofe vera e propria», dice.
Soprattutto perchè l’Etiopia sembra isolata dal resto del mondo che «fa finta di non sapere e di non vedere: sono tutti presi dal costo esagerato del gas causato dai capricci di Putin».
Il missionario precisa che la casa Don Bosco di Addis è lontana dal conflitto ma una ventina di salesiani da più di due anni «soffrono gli stenti assieme alla povera gente senza corrente elettrica, senza telefono e senza carburante, trovandosi come tutti gli altri tra l’incudine e il martello».
Il riferimento è ai guerriglieri del Tigray e al governo etiopico: preghiamo per la pace, dice, «non solo in Ucraina ma anche per quella in Etiopia».