«In bilico tra fragilità ed eternità, la sabbia ben rappresenta la permanente sfida ad ogni pretesa di vana sicurezza. In questa porzione dell’Africa tutti sono coscienti che è la precarietà a dettare il ritmo e le stagioni del tempo».
A scrivere è padre Mauro Armaino, missionario SMA a Niamey in Niger, poco prima di rientrare in Italia per un breve viaggio.
«La ‘sicurezza’ è un’utopia nella quale pochi hanno creduto», dice padre Mauro.
«La vita, il lavoro, la pioggia, i raccolti, il cibo, i viaggi, i matrimoni, la salute, la scuola, la politica, tutto sembra condizionato dal sapore dell’insicuro umano transitare».
Eppure la parola d’ordine europea rispetto al Sahel è ‘sicurezza’. Per cosa?
La presenza militare internazionale nel Sahel è aumentata: ufficialmente per combattere il jihadismo e garantire la sicurezza locale, come ribadiscono i comunicati stampa della Difesa.
In realtà per “esternalizzare le frontiere”, ci ripete padre Massimo. Ed impedire l’arrivo in Europa dei migranti dal Mediterraneo.
«Ci sono momenti storici – dice il missionario – nei quali le promesse arroganti e illusorie della sicurezza, la greca ‘Hybris’, sono smascherate e appaiono nella loro nudità».
La presenza italiana in Niger è stata confermata e rafforzata questa estate: a partire da luglio scorso oltre alla partecipazione alla missione Ue EUCAP Sahel Niger, l’Italia ha potenziato la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger con la costruzione della Base Aérienne 101 di Niamey.
«Il neo costituito Task Group opera dalla Base Aérienne 101 di Niamey con il velivolo C-27J, cargo medio particolarmente versatile e flessibile nell’impiego e in grado di svolgere con efficacia le diverse missioni da trasporto tattico – si legge sul sito del ministero della Difesa italiano – operando anche da piste semi-preparate o deteriorate, così come le missioni di aviolancio di paracadutisti, fondamentali per l’addestramento del personale delle Forze di Sicurezza nigerine, svolto dai Mobile Training Team della MISIN».
L’obiettivo militare italiano in Niger è evidente, nonostante il tentativo di conquistarsi la fiducia di una parte della società civile oramai logora, proponendo piccole iniziative di Cooperazione.
Il 20 luglio scorso ad esempio sono stati consegnati scarpe, palloni da calcio ed altro materiale utile agli allenamenti sportivi, donati dalla Missione bilaterale italiana, con i fondi della Cimic-Cooperazione civile-militare,
Mauro Armanino si chiede:
«Per chi sarebbe concepita una sicurezza che scaturisce dall’insicurezza di chi parte da lontano per sfuggirla e si trova a ‘sbarcare’ in una società che le vicende sanitarie e belliche ha ulteriormente reso fragile?».