Il conflitto in Repubblica Centrafricana ha cambiato natura, si è trasformato oramai da anni in una guerriglia imprevedibile e violenta che prende di mira i civili.
L’obiettivo di disarmare i ribelli è sostanzialmente fallito.
«La strada per la pace è ancora lunga: i ribelli controllano una buona parte del Paese, pensiamo solo al Fronte Popolare per la Rinascita della Repubblica Centrafricana di Noureddine Adam».
A parlarcene è Mauro Garofalo, responsabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant’Egidio, appena rientrato da una missione in Centrafrica.
«Il lavoro negoziale per il disarmo seppure lento è l’unico possibile – dice – Il grosso problema è legato ai requisiti per disarmare le milizie.
Ci stiamo sforzando di percorrere questa strada, come Sant’Egidio, facendo la spola nei luoghi dove si trovano i ribelli».
Ma non è facile dentro uno Stato potenzialmente fallito: il governo debolissimo di Touadéra controlla appena un terzo del territorio e trova alleati nella Russia predatoria di Putin.
«L’accordo di Khartoum del 2019 non ha soddisfatto tutti e i gruppi armati si sono frammentati in coalizioni differenti», dice Garofalo.
Nel frattempo sul terreno la violenza prosegue: dieci persone sono state uccise lo scorso 9 maggio in un attacco di ribelli e un membro locale dello staff di Medici Senza Frontiere è stato ammazzato il 28 maggio scorso, stavolta dalle forze armate.
A tenere unite alcune sigle di ribelli, «in particolare quelle della Coalition des patriotes pour le changement (CPC) – afferma il diplomatico – c’è soprattutto un desiderio di vendetta per gli eventi del passato e una grande volontà di ottenere potere e denaro».
Si tratta di un «grosso contenitore che fa capo a François Bozizé (ex presidente del Centrafrica ndr.) che ha voluto tentare la strada del Colpo di Stato l’anno scorso», senza successo.
IL CPC è una coalizione molto eterogenea, nata dalla fusione di ben sei gruppi armati: «c’è chi ha un obiettivo etnico, chi economico, chi vuole solo vedere riconosciute le proprie prerogative».
Esistono poi milizie «fedeli all’accordo di pace che aderiscono al disarmo ed è soprattutto con loro che bisogna lavorare per dare una prospettiva di pace», spiega il diplomatico.
Il Centrafrica, grande quanto la Francia, conta meno di 5 milioni di abitanti: «ci sarebbe tutto lo spazio per trasformare e sfruttare in maniera più che degna le grandissime ricchezze naturali del Paese», conclude Garofalo.
Il Paese è ricchissimo di oro, diamanti, manganese, rame, ferro e ‘terre rare’ (core business della Green economy), è anche per questo ostaggio di quanti si tuffano letteralmente su miniere e forzieri del ‘tesoro’. Senza rispettare alcuna regola.
Ma il Centrafrica è anche vittima dello stallo della Minusca, la missione di pace della Nazioni Unite che non protegge a sufficienza i civili, come denunciano missionari e popolazione civile.
Inoltre i vescovi del Centrafrica hanno denunciato lo sfruttamento selvaggio del suolo e sottosuolo, in un documento controfirmato in calce che dice che le risorse naturali sono depredate da «stranieri con la complicità di alcuni nostri connazionali».
Il riferimento è alla presenza dei mercenari russi che combattono al fianco dell’esercito senza regole d’ingaggio chiare e con libertà di uccidere.