In Sierra Leone è entrato in funzione un servizio nazionale di emergenza medica, ovvero un qualcosa che somiglia in tutto e per tutto al 118 italiano. Ecco la storia dell’eccellenza del National Emergency Medical Service.
Ciò che più colpisce di quello che si nasconde dietro l’acronimo NEMS (National Emergency Medical Service) non è il risultato – seppure sorprendente per un Paese africano come la Sierra Leone, tra gli ultimi al mondo per l’indice di sviluppo umano – ma il messaggio che ne è scaturito, ovvero: da una tragedia possono nascere opportunità.
E’ quanto è accaduto, in poco meno di due anni, in questo Paese dell’Africa occidentale, dove l’epidemia di Ebola ha mietuto quattromila vittime dal 2014 al 2016 ma poi, in qualche modo, ha favorito la creazione di un servizio nazionale di emergenza medica, ovvero un qualcosa che somiglia in tutto e per tutto al 118 italiano.
Sì, perché dal dramma dell’epidemia della febbre emorragica si è arrivati all’eccellenza del National Emergency Medical Service che dalla fine del 2020 viene gestito dalle autorità sanitarie della Sierra Leone in maniera autonoma sull’intero territorio nazionale.
Tutto è nato da una distesa di ambulanze che vari donatori internazionali durante l’epidemia di Ebola avevano fatto arrivare in Sierra Leone.
Una volta terminata l’emergenza, però, questi mezzi rischiavano di rimanere inutilizzati, abbandonati a loro stessi: il Paese africano, infatti, come tanti altri del continente, non aveva un sistema nazionale che potesse prendere in carico le ambulanze e utilizzarle nelle chiamate di emergenza.
Così Medici con l’Africa Cuamm, una tra le maggiori Ong sanitarie per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane, ha raccolto la sfida: implementare un 118 su scala nazionale e «trasformare un potenziale “scarto” in elemento trainante lo sviluppo sanitario del Paese», commenta don Dante Carraro, direttore della Ong.
All’inizio del 2018 Medici con l’Africa Cuamm viene selezionato (tra otto Ong) dalla Banca Mondiale per realizzare un servizio di emergenza medica in Sierra Leone.
Ne dà notizia lo stesso don Carraro, in una delle sue newsletter, parlando di «nuova sfida intrapresa dal Cuamm in partnership con Regione Veneto e Crimedim – Università del Piemonte Orientale».
Durante l’emergenza di febbre emorragica, la Ong con sede a Padova ha già dimostrato di saperlo fare nel distretto di Pujehun, che è anche il primo del Paese ad essere dichiarato Ebola-free. «La sfida – si legge nella newsletter di don Carraro – è grande.
Vi terremo sicuramente aggiornati sugli sviluppi. Lavoreremo con determinazione per far sì che questo servizio possa davvero arrivare fino all’ultimo miglio del Paese, per aiutare i più lontani e i più poveri».
E così è stato. Il 15 ottobre 2018 è stato avviato il NEMS: il primo servizio nazionale per le emergenze sanitarie della Sierra Leone, entrato a pieno regime nel 2019.
Nel 2020 è stato progressivamente consegnato alle autorità sanitarie del Paese, che lo gestiscono autonomamente dal 1 ottobre 2020.
Medici con l’Africa Cuamm ha però continuato l’assistenza all’organismo di gestione della struttura.
La rete nazionale di ambulanze è coordinata da una centrale operativa nella capitale Freetown, in collegamento con gli uffici NEMS presenti in ogni distretto del Paese per assicurare il trasporto dei pazienti e l’assistenza medica gratuita ovunque.
Prima dello scoppio della pandemia da Covid-19, il NEMS contava una media giornaliera di oltre cento trasferimenti in strutture sanitarie di emergenza: donne in gravidanza, bambini malati, pazienti con problemi respiratori e ogni altro tipo di urgenza.
Il NEMS coinvolge personale specializzato nel soccorso, nella gestione e nel trasporto di emergenze mediche, a copertura dei 16 distretti del Paese.
Il progetto, sostenuto dalla Banca Mondiale, è stato realizzato anche con il supporto del Ministero della Salute della Sierra Leone.
Questo progetto si colloca in un Paese e, in generale, in un continente che presenta notevoli punti di fragilità.
«Oggi non solo esiste ancora il problema Covid – spiega Andrea Atzori, responsabile delle Relazioni internazionali di Medici con l’Africa Cuamm ed esperto di Sanità pubblica – ma negli ultimi dieci anni si sono verificate varie problematiche come le tante conseguenze del cambiamento climatico, i conflitti che si stanno cronicizzando in molti Paesi, altre epidemie come l’Ebola, il morbillo o il colera».