Senza acqua i rifugiati eritrei del Tigray, si rischia la fame estrema

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Le cose peggiorano per i rifugiati eritrei nei campi del Tigray, in Etiopia: alla scarsità d’acqua si aggiunge il rischio fame estrema.

Dopo tre settimane senza entrare nell’area a causa delle stringenti condizioni di sicurezza, finalmente lo staff dell’Unhcr è riuscito a raggiungere i campi di Mai Aini e Adi Harush per la prima volta questa settimana, dopo i recenti attacchi aerei che hanno colpito l’area.

E la situazione all’interno non è rassicurante. Anzi.

«Il nostro team ha trovato i rifugiati impauriti, provati dalla scarsità di cibo, dall’assenza di medicine e acqua potabile – si legge in una nota dell’Unhcr – Inoltre l’acqua pulita non può essere pompata o trasportata nei campi a causa della mancanza di carburante, con la conseguenza che i rifugiati devono raccoglierla dai ruscelli che sono ormai quasi asciutti, con un conseguente grave rischio di malattie trasmesse dall’acqua».

L’agenzia delle Nazioni Unite si è detta «estremamente preoccupata» per l’impossibilità di trasportare i rifornimenti nella regione, e per il rischio si arrivi alla fame più estrema.

Mai Aini è il piu grande dei campi rifugiati al confine con l’Eritrea ed ha proporzioni di una piccola città, dove circa 11.000 persone vivono dentro baracche costruite una sull’altra, lungo strade costantemente spazzate dal vento.

Non c’è sicurezza neanche per i profughi: a Mai Aini un raid aereo all’inizio di gennaio aveva colpito i rifugiati uccidendo tre eritrei, tra cui due bambini.

Lo aveva denunciato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, aggiungendo che altri quattro rifugiati erano rimasti feriti.

«Con il cibo che si sta esaurendo nei campi e senza ulteriori scorte disponibili per la distribuzione, i rifugiati ci dicono che hanno fatto ricorso alla vendita dei loro vestiti e dei loro pochi averi per riuscire a mangiare», fa sapere l’Unhcr.

(la foto è dell’unhcr).