Da proprietà della famiglia mafiosa Valle, che dal 2005 al 2010 tra un party e l’altro dava rifugio ai latitanti, la masseria di Cisliano è diventata un presidio dell’antimafia.
Don Massimo Mapelli e i suoi amici e collaboratori, tra i quali molti volontari, la Caritas, il fidei donum laico Giovanni Balestrieri, ed Elena Simeti, attivista della Libera Masseria, hanno dato vita ad un progetto sociale e umano. E ci portano in tour nella ex tenuta dei Valle per visitare la masseria prima e dopo.
Oggi questo luogo è un presidio di bellezza e di giustizia: è un esempio vivente di come la mafia si possa non solo sconfiggere ma anche raccontare, affinchè le nuove generazioni imparino a denunciare, e alimentino la galassia dell’antimafia militante.
«Francesco Valle non si trasferisce a caso dalla Calabria a Vigevano: aveva rapporti con altre famiglie mafiose – ci spiega Elena – Nel 2005 padre e figli arrivano qui e aprono un ristorante-pizzeria che chiamano il Pergolato, poi diventerà ‘la Masseria’.
Al momento dell’arresto quindici persone dei Valle vengono accusate per la prima volta di associazione mafiosa».
Tutti finiranno dietro le sbarre nel 2010, eccetto la moglie di Francesco Valle.
Sarà Davide Salluzzo (venuto a mancare a 59 anni nel 2020) assessore e attivista, tra i primi promotori dell’idea di un presidio sociale, a pensare alla ‘riconversione’ della masseria dopo la confisca.
«Davide conosceva bene la famiglia Valle e l’aveva contrastata in ogni modo: i Valle si erano trasferiti a Vigevano negli anni ’80 perché stavano perdendo una guerra di ndrangheta», racconta Elena.
Quel bene confiscato (che era stato a lungo una dimora mafiosa e criminale) a comunità lombarda, i volontari di Libera, i parrocchiani e gli studenti, non avevano intenzione di lasciarlo marcire senza trasformarlo in qualcos’altro.
E così prima lo occupano e poi, dopo averlo ottenuto lo riconvertono in uno spazio di socialità e lotta alla povertà.
La grande villa è composta da diversi locali: una tavernetta, una piscina, gli ex appartamenti dei figli dei mafiosi. Oggi quegli appartamenti servono ad ospitare anzitutto una ventina di persone in difficoltà abitativa.
«Ci vivono famiglie intere che non possono pagarsi un affitto, ma anche persone singole senza casa», precisa Elena.
Il progetto, in accordo con Caritas, offre alloggi in periodi di transizione della vita.
Ma qui alla masseria si fa anche «scuola di antimafia»: ciclicamente la Libera Masseria ospita scolaresche che passano intere mattinate, e campi estivi, a capire cos’ è la mafia al Nord, perché è così radicata e come estirparla.
Inoltre ascoltano la vicenda dei Valle, un esempio antievangelico di vita messa al servizio della criminalità e ne escono con la convinzione che si possa ribaltare la realtà.
Grazie all’esempio incredibile di «una comunità intera che si è messa ad occupare un bene finchè le autorità non glielo hanno affidato e lo hanno trasformato», spiega don Massimo.
«C’è molto bisogno di presidi di giustizia sociale. L’articolo 2 della Costituzione per noi è il primo testo antimafia in assoluto», aggiunge Elisa.
Ma la Libera Masseria è anche una pizzeria dove si cucina con i prodotti dell’orto della Cascina Sant’Alberto.
Con il ricavato e grazie alla vendita di magliette e gadget si finanziano altri progetti sociali in un circolo virtuoso di impegno, solidarietà e amore.
(Foto, video e interviste sono di Ilaria De Bonis).