Taiwan, l’isola della discordia che rischia l’invasione

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Schiacciata tra Cina e Usa, Taiwan sta vivendo un’“indipendenza” a rischio, malgrado il grosso sviluppo economico e democratico dell’isola governata dalla lady di ferro Tsai Ing-Wen.

A ottobre scorso si è toccato l’apice delle tensioni che negli ultimi mesi hanno visto Cina e Usa fronteggiarsi sulla questione irrisolta dello status dell’isola di Taiwan.

Nazione indipendente (versione appoggiata da Trump prima e da Biden oggi) o tassello da rimettere al suo posto nell’impero del Dragone (come ribadito da Xi Jimping)? La questione è ancora aperta e molto delicata, con cause ed eventi che ci riportano indietro nei secoli.

Quando si dice che è la geografia a scrivere la Storia, sembra di ripetere una banalità ma nel caso dell’isola di Taiwan è un dato di fatto.

Lo testimoniano territori contesi, migrazioni e rapporti conflittuali con la Cina continentale, oggi nuovamente al centro dell’attenzione dello scacchiere internazionale.

Lo scorso 10 ottobre, mentre a Taipei, capitale dello Stato insulare, si celebrava la festa nazionale, aerei e navi da guerra cinesi hanno sorvolato minacciosamente l’isola un tempo chiamata Formosa, continuando nell’escalation di incursioni inviate da Pechino.

Queste intimidazioni sono diventate più frequenti, tanto che secondo i dati del ministero della Difesa di Taiwan, sull’isola da gennaio a ottobre ci sono stati più di 780 incursioni aeree, mentre nel 2020 se ne erano contate “solo” 380.

Il ministro della Difesa dell’isola Chiu Kuo-cheng ha dichiarato che «per l’esercito taiwanese la situazione attuale è la più buia degli ultimi 40 anni» e che Taipei «non scatenerà una guerra, ma se ci saranno movimenti affronteremo il nemico».

Ancora più chiaramente, il ministro aveva ammonito che entro i prossimi tre anni la Cina potrebbe passare dalle minacce ad una vera e propria invasione dell’isola, rivendicata dal potente vicino come un tassello inalienabile del suo impero.

Sulle rotte dell’Oceano Pacifico

La posizione strategica dell’isola l’ha resa sempre un polo di attrazione per molteplici interessi: dai pirati che razziavano le coste al largo della Cina, ai portoghesi (che la chiamarono Ilha Hermosa, isola bella), agli spagnoli, agli olandesi, scacciati nel XVII secolo dalle forze degli imperatori cinesi.

Due secoli dopo un’altra potenza imperiale di quei mari – il Giappone – alza la bandiera sull’isola e i suoi abitanti in buona parte ancora aborigeni.

Alla fine della Seconda guerra mondiale, la Cina torna a farsi avanti e a rivendicare il ritorno di Taiwan alla madre patria.

Quando i comunisti di Mao prendono il potere a Pechino, dando vita alla Repubblica popolare cinese (Rpc), due milioni di nazionalisti del Kuomintang (al governo dal 1912) lasciano il continente per rifugiarsi sull’isola, sotto la guida di Chiang Kai-shek che aveva fatto di Taipei la capitale della Repubblica democratica cinese (Rdc).

Il grande sviluppo economico (anche grazie ai finanziamenti americani) del dopoguerra evidenzia sempre più le differenze tra la madre patria e l’isola dove l’industrializzazione procede di pari passo con la democratizzazione, tanto da farne una delle cosiddette “Tigri asiatiche” di fine millennio scorso.

Settant’anni dopo lo “strappo” di Chiang Kai-shek, il livello economico (è la 21esima nazione più ricca al mondo), lo sviluppo tecnologico (di aziende come Asus, Acer, HTC, TSMC) rende ancora più appetibile il ritorno sotto il completo controllo cinese dell’isola dotata di un potere politico autonomo.

Taiwan è infatti il maggior produttore mondiale di semiconduttori a livello mondiale: tanto per intenderci il 92% dei microchip usati nel mondo viene dalla TSMC, mentre le sanzioni imposte dagli Usa a Huawei, la più grande azienda elettronica cinese, hanno ridimensionato il progetto di avviare produzioni massive di chipmade in China”.

Le conseguenze del ritorno di Taiwan alla Repubblica di Cina, di cui nominalmente fa parte, creerebbe forti scompensi sul mercato di Itc internazionale, nel momento in cui gli studi sull’intelligenza artificiale e la robotica stanno vivendo una accelerazione straordinaria.

 (La versione completa di questo articolo è sul numero di gennaio di Popoli e Missione, in distribuzione).