Suor Gabriella Bottani: “le donne in missione, le mie guide spirituali”

Facebooktwitterlinkedinmail

«La prima cosa che ho sentito forte dentro di me, in quanto missionaria, è stato il desiderio profondo di mettermi in cammino assieme ad altre persone, illuminata dalla parola di Dio.

Mi sentivo chiamata e spinta verso chi si trova ai margini del sistema, sia quello economico che quello ecclesiale; spesso oggetto di discriminazioni di vario genere.

Con loro, con queste persone, mi sono messa in cammino ascoltando la voce di Dio.

E il cammino mi ha portato ad un certo punto all’impegno contro la Tratta di esseri umani, in particolare con bambini e bambine le cui vite erano distrutte dall’abuso e dalla violenza sessuale».

Quando parla della sua missione, che non a caso ha un volto prevalentemente di donna, suor Gabriella Bottani, comboniana per molti anni in Brasile e Germania, insiste sul concetto di “camminare insieme” per incontrare con gli impoveriti e le impoverite il volto di Dio.

Tra le vittime della Tratta di persone, chiaramente, «non c’erano e non ci sono solo donne – precisa – ma anche ragazze, ragazzi, bambini e bambine».

Ma con le donne la missionaria è riuscita a creare delle relazioni ‘privilegiate’ e forti che hanno aiutato a sconfiggere la paura.

L’esperienza, conclusa, di Coordinatrice internazionale della Rete Talitha Kum, donne di Vita Consacrata contro la Tratta di Persone, fondata nel 2009 dall’Unione Internazionale Superiore Generali, l’ha fatta conoscere ad un pubblico più vasto, che esce fuori dal contesto ecclesiale.

E le ha donato certamente uno sguardo sul mondo ancora più largo. E orizzontale.

Nel 2019 è stata insignita del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica, dal presidente Mattarella.

«Con le donne in missione – dice Bottani – c’è stata sempre una particolare intesa, un legame.

Nello specifico nel nord-est del Brasile, dove ho operato per più tempo, a Fortaleza, ho conosciuto donne con vite difficili che proprio per la loro capacità di andare oltre, sono state le ‘mie guide spirituali».

La forza di vivere situazioni di grande disagio e dolore, e grazie alla fede, di rimanere protese verso gli altri, conferiva a queste donne un sguardo profondo sulla vita, per lei un ruolo guida.

Ad esempio, prosegue la missionaria, «ricordo in Brasile, la storia di una signora che per sopravvivere raccoglieva materiali da riciclo, assieme al compagno.

La conobbi un giorno, quando arrivò al gruppo di preghiera che portavamo avanti con le donne della favela: era completamente ubriaca.

Aveva cominciato a bere all’età di 8 anni.

Mi colpì tantissimo: tutti dicevano che era violenta, di lasciarla stare, ma lei mi confidò che era venuta a pregare per il figlio che aveva una malattia grave.

‘Devi promettermi che quando vieni qui il giovedì a pregare sarai sobria’, le dissi.

E lei veniva ogni volta senza aver bevuto, restava davvero sobria.

Mi disse che Gesù era la vita stessa per lei: ‘Gesù è la mia vita, se non ci fosse lui, io non sarei qui’, disse».

Da lì, poi, Gabriella entrerà in rapporto più profondo con questa donna e andrà anche con lei a raccogliere il materiale riciclabile e a cercare insieme a lei Dio in questa realtà che vive delle piccole cose scartate dagli altri.

«Queste donne mi hanno permesso di avvicinarmi alla presenza di Dio nelle loro vite e questo per me è stato un dono prezioso: sono scuole di vita».

«E’ la cosa più bella – dice – è che ci sorprendevamo nel fare dialoghi spirituali molto profondi a partire dalla nostra vita, dal quotidiano: era una ricerca di Dio condivisa».

L’incontro con queste persone mi ha insegnato che per essere discepole-missionarie è necessario spogliarsi di tante immagini stereotipate, spesso funzionali a modelli che sono discriminatori.

Questo vale soprattutto verso noi donne, e riscoprire insieme il valore e la forza del nostro essere, solo così possiamo crescere nella fede, come comunità cristiana.

Oggi, a Roma, Gabriella Bottani prosegue il servizio nel Coordinamento generale della missione, e uno degli obiettivi per lei «è dare più voce al ruolo delle donne nell’evangelizzazione e nella Chiesa missionaria, che è ancora troppo raccontata al maschile».

Un compito non facile ma che porta avanti con grande delicatezza e rispetto per ogni sensibilità dentro la Chiesa.