La Chiesa cattolica in Nicaragua è sotto assedio. Ma è anche l’unica istituzione in grado di opporsi al regime violento di Daniel Ortega, oramai del tutto fuori controllo. A patto che sia sostenuta anche dall’Occidente e dal mondo cattolico in generale.
E’ quanto chiedono gli alti prelati del Nicaragua che in queste ore sono dietro le barricate col popolo, da oltre tre mesi vittima di una repressione governativa senza precedenti.
«Esercitate pressione sul governo, affinché abbia rispetto per i vescovi, per i sacerdoti e per la popolazione»: è l’appello lanciato attraverso Aiuto alla Chiesa che Soffre dal cardinal Leopoldo José Brenes Solorzano, arcivescovo di Managua in Nicaragua.
Masaya, a 30 chilometri a sud di Managua divenuta simbolo della resistenza al governo del presidente Ortega, dalle 6 di mattina (ora locale) di ieri, 17 luglio, è assediata «per mano di oltre mille tra militari e agenti di polizia.
Al momento non ci sono morti, ma sicuramente i feriti saranno numerosi. La città è stata inondata da una pioggia di proiettili», denuncia il porporato.
Nelle scorse ore il cardinale Bremes ha invitato la popolazione di Masaya e delle altre aree sotto assedio a rimanere in casa, affinché non vi siano altri morti. «È un momento molto difficile per tutto il Paese», ha detto.
La feroce repressione delle manifestazioni di dissenso è iniziata il 18 aprile scorso e da allora polizia e gruppi paramilitari al soldo di Ortega hanno fatto oltre 300 morti.
Il 9 luglio scorso, poi, il cardinale Brenes è stato aggredito da paramilitari nella basilica di San Sebastián, a Diriamba, assieme al suo ausiliare, monsignor José Silvio Báez, e al nunzio apostolico Waldemar Stanisław Sommertag.
Il 16 luglio invece il vescovo di Estelí, Abelardo Mata, si è miracolosamente salvato da un agguato armato attribuito a forze paramilitari.
La repressione del governo sandinista di Daniel Ortega è ormai apertamente diretta anche contro la Chiesa.
«Ascoltando l’invito di Papa Francesco ad essere un ospedale da campo, molte delle nostre parrocchie hanno dato rifugio a quanti cercavano sicurezza e prestato soccorso ai feriti – spiega il porporato – Questo sicuramente non è piaciuto al governo. Così come non è piaciuta la nostra sollecitudine nel tentare di smantellare questa forza paramilitare».
Il grido di aiuto del cardinale tocca le coscienze:
«Invito tutti a lanciare una catena di preghiera e a sostenere concretamente i nostri sacerdoti attraverso le intenzioni di Sante Messe. Molti dei ministri infatti, dovendo celebrare in privato, non ricevono offerte e dunque non hanno alcuna forma di sostentamento».