Dilexit nos: missionari innamorati del Cuore di Gesù per portare il Vangelo al mondo

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In un mondo nel quale siamo tentati di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi del mercato è importante tornare alla dimensione del cuore. Per parlare di amore umano e divino come risposta all’odio, alla violenza, alle guerre, papa Francesco ha curato la sua quarta enciclica dedicata alla devozione del Cuore di Cristo. Fin dal titolo Dilexit nos, presentata oggi in Vaticano, è un testo suddiviso in cinque capitoli e 220 paragrafi «sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo», invitando a rinnovare la devozione per non dimenticare la tenerezza della fede, la gioia di mettersi al servizio e il fervore della missione: perché il Cuore di Gesù ci spinge ad amare e ci invia ai fratelli» come ha sottolineato monsignor Bruno Forte, teologo, arcivescovo di Chieti-Vasto, presente in sala Stampa Vaticana insieme a Sorella Antonella Fraccaro delle Discepole del Vangelo.

«Papa Francesco propone un approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore e invita a rinnovare la sua autentica devozione – ha detto monsignor Forte – ricordando che nel Cuore di Cristo che “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare”. Il mondo sembra aver perso il cuore: Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo, “diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”, come invita a fare nelle sue encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti».

Ma attenzione, avverte Sorella Fraccaro, riportando le parole di papa Francesco: «a non trascurare il cuore, a non perderlo, all’indifferenza sempre più diffusa tra noi e intorno a noi; un pericolo dal quale proteggerci. E attenzione alle nostre chiusure di cuore, alle nostre corte vedute, perché con le nostre sicurezze e senza il confronto tra di noi non raggiungiamo gli altri, vicini e lontani, nella loro ricchezza, e ci costruiamo un mondo a nostra misura. Inoltre, tornare al cuore, non per restare nel “nostro” cuore, chiusi in noi stessi, poiché “il nostro cuore non è autosufficiente, è fragile ed è ferito”, ma per dimorare, con il nostro cuore, nel Cuore di Cristo».

Tutto questo illumina di nuova luce la dimensione missionaria. Infatti «Alla luce del Sacro Cuore, la missione diventa una questione d’amore, e il rischio più grande in questa missione è che si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo che abbraccia e salva. Perciò la missione, richiede l’opera di «missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo e che non possano fare a meno di trasmettere questo amore che ha cambiato la loro vita».

Decisivo il ruolo della Chiesa: «Non si deve pensare a questa missione di comunicare Cristo come se fosse solo una cosa fra me e Lui. La si vive in comunione con la propria comunità e con la Chiesa». In questa comunione riveste un posto speciale la Vergine Maria, madre, membro, modello e tipo della Chiesa: la devozione al Suo cuore di Madre di Gesù e nostra “nulla toglie all’adorazione unica dovuta al Cuore di Cristo, anzi la stimola”, aiutandoci ad amare meglio e di più».

Ad un mondo che sembra avere perso il baricentro affettivo del cuore, chiave delle relazioni autentiche tra gli uomini e con Dio, papa Francesco ricorda che «Dio ci ha amati» come dice san Paolo nella Lettera ai Romani riferendosi a Cristo e ricordandoci che da questo amore «nulla potrà mai separarci». Per contrastare «nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società» bisogna tornare alla «sintesi incarnata del Vangelo». E davanti al Cuore di Cristo, chiede al Signore di «avere ancora una volta compassione di questa terra ferita» e di riversare su di lei «i tesori della sua luce e del suo amore», affinché l’umanità «che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore».