San Giuseppe Allamano e la sua missione al servizio dei popoli dimenticati: gli Yanomami custodi della terra d’Amazzonia

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Una vita a servizio del Vangelo e degli ultimi che lascia un grande esempio. E’ il segno di santità che caratterizza la vita di Giuseppe Allamano, canonizzato domenica scorsa – Giornata Missionaria Mondiale – insieme ad altri 13 nuovi santi. Il fondatore dei Missionari della Consolata, che tanto hanno contribuito a promuovere la dignità degli indigeni, è stato ricordato da papa Francesco che ha parlato del «popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla canonizzazione» cioè la guarigione nel 1996 dell’indigeno Sorino Yanomami ferito a morte dall’attacco di un giaguaro. E ha aggiunto un appello alle autorità politiche e civili «affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

San Giuseppe Allamano

Il richiamo al Sinodo del 2019 e all’Esortazione “Querida Amazonia” è emerso nella conferenza su “San Giuseppe Allamano e i popoli Indigeni dell’Amazzonia” che si è svolta ieri pomeriggio presso la Sala Stampa di Montecitorio, Roma, a cui hanno partecipato: l’onorevole Fabio Porta, l’ambasciatore brasiliano a Roma, Renato Mosca De Souza, il cardinale Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus e presidente del Consiglio Indigenista Missionario (CIMI), Júlio Ye’kwana, presidente dell’associazione Wanasseduume Ye’kwana e leader indigeno del Territorio Yanomami nello Stato di Roraima; padre Corrado Dalmonego, missionario della Consolata, antropologo con il popolo Yanomami a Roraima, Brasile; Luis Ventura, Segretario esecutivo del Consiglio Indigenista Missionario.

«Crediamo che la missione di Allamano sia stata non solo religiosa ma anche civile, per la tutela dei popoli e della terra – ha sottolineato l’ambasciatore Mosca De Souza -. Il 50% del territorio brasiliano è occupato dall’Amazzonia che non è solo foresta e ricchezze, ma anche e soprattutto popoli e culture. La Costituzione del 1988 riconosce diritti agli indigeni che però restano sotto attacco malgrado l’impegno del governo Lula e della ministra Sonia Guajajara, c’è bisogno di una grande alleanza internazionale per fermare gli attacchi predatori dei garimperos. Come governo, abbiamo trovato una situazione disastrosa un anno e mezzo fa, dopo le azioni del governo negazionista di Bolsonaro. Ora il Brasile è in una nuova fase, pensiamo allo sviluppo in chiave sociale e di sostenibilità ecologica».

Il leader indigenista Júlio Ye’kwana, ha parlato dell’etnia Ye’Kwana, e dell’associazione creata nel 2006 per difendere il diritto alla terra, contro il cosiddetto marco temporal. «Negli anni del governo Bolsonaro abbiamo molto sofferto per l’invasione dei garimpeiros e l’estrazione di minerali preziosi, soprattutto oro, che ha riversato nei fiumi e nei terreni sostanze gravemente inquinanti come il mercurio – ha denunciato -. Gravissime le ripercussioni sullo stato di salute delle falde acquifere e, di riflesso, sul cibo, sulla salute della gente e soprattutto dei bambini, tagliando fuori gli indigeni dall’accesso alle risorse del territorio che li rende, da sempre, autosufficienti».

Padre Corrado Dalmonego, missionario della Consolata da 14 anni in terra Yanomami, ha sottolineato la diminuzione del patrimonio forestale amazzonico a causa del traffico di legname pregiato e di sfruttamento per l’agrobusiness. «A causa dell’assalto alla regione di gruppi criminali organizzati – ha detto Dalmonego – si sono acuiti i problemi alimentari degli indigeni che chiedono di fare in fretta per gestire un cambiamento radicale della situazione. Ci sono ritardi nell’applicazione della costituzione che vanno superati».

«La questione indigena in Brasile è molto seria -ha aggiunto monsignor Ulrich Steiner -. Il dilemma per il Paese è: rispettare i popoli che vivono lì da 15mila anni o considerare l’Amazzonia come un bacino di risorse da sfruttare a fini economici?».