«I container per le spedizioni via mare erano qualcosa di familiare agli abitanti della travagliata penisola di Afungi, nel nord del Mozambico: una dozzina di contenitori d’acciaio erano in fila uno accanto all’altro, con in mezzo un cancello protetto.
Formavano una sorta di barricata all’ingresso di un enorme impianto di gas naturale, che il gigante francese dell’energia, TotalEnergies stava costruendo nella regione afflitta dall’insurrezione armata islamista».
Inizia così la lunga inchiesta del sito d’informazione Usa, Politico (qui) oggi al centro dello scandalo per il coinvolgimento di TotalEnergies e per l’azione diretta dell’esercito mozambicano, nel massacro di oltre 200 civili, accusati (a torto) di far parte di gruppi islamisti.
La mattanza ad opera dei soldati mozambicani risale al periodo tra luglio e settembre del 2021 e sarebbe stata conseguenza diretta della ‘protezione’ degli impianti di gas.
I militari, secondo le accuse circostanziate contenute nell’inchiesta, avrebbero rinchiuso tra i 180 e i 250 uomini nei container, separandoli da donne e bambini.
Posti al di fuori del futuro impianto del gas, i civili, tra i quali una cinquantina di operai edili, sono tenuti dentro i container, torturati per tre mesi e poi massacrati dai soldati.
L’11 ottobre scorso, a distanza di due settimane dalla pubblicazione di questa preziosissima inchiesta che accusa la Total di essere a conoscenza dell’eccidio, il ministero della Difesa mozambicano ha risposto, negando i fatti.
«Il Ministério da Defesa Nacional rifiuta categoricamente – si legge in un comunicato stampa divulgato tre giorni fa – le accuse menzionate nell’articolo».
L’accusa che le Forze armate e di difesa del Mozambico «sarebbero coinvolte in azioni di tortura, violenza e altre atrocità contro civili, non contengono elementi concreti a loro sostegno», dice il ministero.
E tuttavia la lunga inchiesta giornalistica è stata divulgata dopo aver ascoltato e valutato i racconti di centinaia di testimoni oculari attendibili.
«Nel mio report sul massacro di Palma – scrive l’autore di Politico, Alex Perry – ho documentato la morte di 55 lavoratori edili: 53 mozambicani, uno del Sudafrica e uno di Briton».
«Tuttavia non c’è alcuna valutazione o conteggio ufficiale dei ‘caduti’ tra i lavoratori impegnati nel progetto, nè delle persone decedute tra la gente che abitava a Palma o nei villaggi circostanti».
Nessuno ha tenuto conto della scomparsa e della morte di questi civili, dunque, nè il governo del Mozambico nè tantomeno la Total.
In assenza di un’ inchiesta ufficiale, il giornalista ha consultato le linee-guida delle Nazioni Unite su come come aprirne una.
E alla fine del 2022 ha creato un team investigativo composto da sei ricercatori e tre manager.
In cinque mesi di lavoro il team ha visitato 13mila 686 abitazioni di Palma e di 15 villaggi vicini, nella penisola di Afungi.
La squadra investigativa ha trovato un totale di mille e 193 persone morte o scomparse, incluse 330 persone decapitate e 209 rapite e mai più ricomparse.
Ma il progetto della Total si avvale anche di una garanzia che ha a che fare con la Sace, e dunque con l’Italia.
«Per incastrare tutti i pezzi del puzzle – scrive l’attivista Luca Manes di ReCommon – Perry si è avvalso anche di informazioni recepite tramite una richiesta di accesso agli atti inoltrata dall’associazione ReCommon a Cassa Depositi e Prestiti.
Mozambique LNG, infatti, dovrebbe essere oggetto di una garanzia dell’assicuratore pubblico SACE da 950 milioni di euro per coprire i prestiti per le operazioni della Saipem, che proprio da Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe ricevere un finanziamento di 650 milioni di euro».
Oltre all’esercito, ad essere implicato, denuncia Politico, è lo stesso colosso energetico TotalEnergies, che sarebbe a conoscenza di quanto accaduto, per quanto la multinazionale neghi.
Il ministero della difesa ha espresso infine la sua «totale apertura e volontà di accettare una inchiesta imparziale e trasparente» sulla vicenda.