Verso la Giornata Missionaria Mondiale/ In Madagascar con Enrica Salsi

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«Qui siamo al villaggio terapeutico di Ambukala, ospedale psichiatrico statale del Madagascar: assieme ad una equipe di volontari cattolici ho stretto un accordo di partenariato per essere una presenza quotidiana e collaborare stabilmente con medici e infermieri».

Enrica Salsi, classe 1976, missionaria laica fidei donum della diocesi di Reggio Emilia, non è un medico. È laureata in Ingegneria civile ma alla cura degli altri dedica l’intera sua vita.

Dal 2008 vive ed opera come missionaria nella spettacolare isola africana sull’Oceano Pacifico.

La sua missione è tutta concentrata nelle attività dei due centri sanitari della regione di Manakara, sulla costa povera e trascurata del Paese malgascio.

«Collaboriamo stabilmente con l’equipe sanitaria dell’ospedale – racconta Salsi in uno degli otto video di Luci nel Mondo-Missio dedicati all’Ottobre Missionario – Abbiamo un’attenzione particolare per gli ammalati più poveri che sono soli e in altri ospedali non verrebbero accolti».

Le medicine sono molto costose in Madagascar, e quasi l’80% dei degenti non potrebbe curarsi a queste condizioni, se non intervenisse un aiuto esterno, soprattutto quello missionario.

«Stabiliamo insieme alle famiglie qual è la quota mensile che ognuno può realmente versare in base al reddito e il resto lo aggiungiamo noi», spiega Enrica.

Le strutture sono due: c’è anche il Centro di riabilitazione Aina di Manakara, dove “ogni martedì si fanno i gessi per bimbi con i piedi torti ed è l’unico della regione per la fisioterapia”.

Centinaia di pazienti arrivano dai villaggi più defilati del Madagascar dopo aver avuto una frattura, un ictus o un incidente.

«Curiamo le paralisi cerebrali e le patologie ortopediche dei bambini, ma anche diverse lesioni negli adulti», spiega Salsi.

I problemi del Madagascar sono diversi e sfaccettati. L’isola guidata dal presidente Andry Rajoelina è particolarmente soggetta ai cambiamenti climatici ad esempio.

E questo rende vulnerabili le persone.

Tutto è carente nonostante la ricchezza delle risorse naturali: oltre l’81% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e più del 40% non è in grado di procurarsi cibo.

Perciò l’ospedale pubblico Ambukala non è solo il luogo della degenza, ma è diventato il villaggio della ripresa e del lavoro.

«Facciamo attività di falegnameria, di cucito e di ricamo per le donne – dice Enrica- nonché attività sportiva».

L’idea è quella di dare ai pazienti guariti la possibilità di vivere e mantenersi in autonomia: “cerchiamo di elaborare percorsi individuali in base ai loro desideri, perché possano imparare un mestiere”.