Un momento di riflessione durante la giornata dell'inaugurazione del Centro a Verona

Tavola rotonda nella nuova sede Cum: “accogliere è un gesto di dignità, non un atto di bontà”

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“Noi non ci mettiamo a servizio dei poveri, ma siamo chiamati alla condivisione con essi!”. Così come “noi non accogliamo perché siamo buoni, ma perché sappiamo di essere tutti vulnerabili”.

La povertà è una condizione dell’umano e anch’essa ci appartiene nella misura in cui “dipendiamo gli uni dagli altri”.

Siamo in un certo modo tutti carenti e tutti capaci di donare.

Così Carlo Melegari, fondatore del Cestim, Centro studi e immigrazione di Verona e Emanuela Gamberoni, docente di geografia all’Università di Verona, hanno risposto alle domande di senso sull’integrazione e la migrazione, poste dal giornalista Paolo Annechini durante la tavola rotonda di oggi pomeriggio al Cum.

Il dibattito è stato un momento di riflessione all’interno della giornata dedicata all’inaugurazione della nuova sede del Centro Unitario per la formazione Missionaria, Cum, a Verona.

Ha preso le mosse dall’affermazione di una volontaria che accoglie i migranti in piazza Libertà a Trieste e in un video della Fondazione Missio dice: “io non accolgo perché sono buona ma come gesto di dignità e resistenza”.

Ed è esattamente questo il presupposto più vicino al concetto di missione.

In una realtà come quella veronese,  così come in tutte le nostre diocesi, che senso ha pensare in termini di “prima noi italiani”? Ci si è chiesti.

“Nessuno”, hanno risposto i relatori.

“Prima noi? Bisogna capire cosa è il noi”.

“Il noi sono gli esseri umani tutti”, risponde Maura Mascagno, presidente di Ronda della Carità a Verona.

È un noi allargato quello che interessa l’approccio missionario alla vita e alla solidarietà.

In questo senso rovesciare le domande può aiutare a cambiare le risposte.

“Dobbiamo chiederci se siamo noi integrati in questa società che cambia, piuttosto che domandarci se gli immigrati si integrano con noi”, suggerisce Melegari.

“Spesso affrontiamo il tema delle nuove presenze sul territorio con la chiave dell’emergenza – dice don Giuseppe Mirandola, direttore del Cmd di Verona – Ma è uno sguardo non adeguato questo.

Che si ferma all’immediato e non va oltre. La società si trasforma sotto i nostri occhi e noi parliamo solo delle emergenze!

Per favore, ampliamo lo sguardo: come vogliamo vivere insieme?”.

La soluzione per affrontare il disagio, le incertezze e i ghetti migratori, “non è potenziare il sistema di polizia ma vivere i nostri quartieri.

Perché questa è una dimensione profondamente politica”, suggerisce Michele Righetti, presidente della Fondazione Opera Famiglia Canossiana Nuova Primavera.

Il mondo è uno e noi siamo sempre di più tutti sulla stessa barca, chiamati a condividere doni e risorse.