Venezuela, proteste e cortei contro Maduro rieletto presidente

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Caracas ed altre città del Venezuela sono nel caos: i manifestanti scesi in piazza contestano il voto delle presidenziali di domenica scorsa.

Dopo 11 anni al potere Nicolas Maduro è stato nuovamente rieletto per un terzo mandato.

Il presidente socialista (e populista) della crisi economica negata, nel 2017 aveva praticamente trascinato il Paese nel default. Costringendo alla miseria, alla fame e alle migrazioni forzate milioni di persone.

Il Venezuela in questi anni non è stato in grado di pagare le cedole dei suoi titoli obbligazionari, accumulando oltre 10 miliardi di dollari in debiti.

Oggi la rielezione di Maduro è quantomeno uno shock per quella fetta di popolazione che lo aveva sempre contestato e che in gran parte è dovuta emigrare.

In queste ore si scende in piazza nella capitale per dire no al Presidente negazionista che ha trascinato il Venezuela sul lastrico.

Edmundo González, suo rivale in questa tormentata elezione, ha dichiarato ai principali media del Paese di avere le prove di brogli elettorali e della propria vittoria negata.

Negli ultimi quattro anni il Paese ha raccolto i cocci di una disastrosa crisi che ha praticamente svuotato la nazione: oltre tre milioni di persone hanno lasciato il Venezuela per fuggire in Colombia, Perù, Brasile e anche in Europa.

Maduro ha sempre negato la gravità della crisi umanitaria e migratoria, mentre i vescovi  venezuelani, fin dal 2018, hanno portato avanti una sorta di “operazione verità”, raccontando nei dettagli le conseguenze della fame.

Per tutta risposta Maduro ha sempre affermato di essere vittima di un complotto mediatico.

«Il Venezuela è sottoposto a un’aggressione mediatica– aveva dichiarato Maduro durante la 73esima Assemblea delle Nazioni Unite nel 2018 – Si è costruito un espediente per imporre l’esistenza di una crisi umanitaria che non c’è.

Si è fabbricata una crisi migratoria che si sta smontando da sola».

Per la Chiesa venezuelana invece è stato prioritario ripristinare la verità.

«Io dico ai miei interlocutori del governo, quando mi capita di parlare con loro:  “pensate sul serio che stia mentendo?

Allora venite, venite con me negli ospedali, venite a vedere che manca tutto. Venite nelle case, nelle scuole, nei negozi”», ci raccontava monsignor Jonny Eduardo Reyes, vescovo salesiano di Puerto Ayacucho, a margine di un convegno organizzato dalle Missioni Don Bosco a Torino.

Il populismo del presidente somiglia a quello di Daniel Ortega in Nicaragua e a quello degli Assad in Siria.

La realtà è che la gente è fuggita dal Venezuela perché altrimenti sarebbe morta di stenti: oltre un milione di persone ha attraversato la frontiera venezuelana e decine di migliaia di uomini e donne continuano a farlo.

In tutto oltre tre milioni sono fuggiti dal Paese.

La Chiesa locale ha sempre accompagnato la popolazione in sofferenza, sia quando sceglieva di emigrare che quando decideva di restare.

«Come Chiesa e come vescovi siamo coscienti di affrontare una situazione di emergenza, senza però volerci sostituire alla lunga al ruolo che spetta al governo.

Il governo deve fare il suo», insiste monsignor Reyes.

 La svalutazione e l’inflazione alle stelle rendono in effetti carta straccia il bolivar, che ad oggi vale 0,014 euro.

Lo stipendio di un operaio equivale a circa un euro e 50 centesimi al mese, mentre una bottiglia d’acqua costa l’equivalente di 5 centesimi di euro; inoltre gli alimenti vengono rivenduti sul mercato nero, nei negozi non si trova più nulla e gli effetti sono simili a quelli di una devastante guerra civile.