RDC: l’M23 ad un passo da Butembo, “un calvario la strada verso Kyondo”

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La guerra delle milizie in Repubblica Democratica del Congo è ad un punto di non ritorno: l’M23, il gruppo armato legato al Ruanda è giunto fino alle porte di Butembo, secondo centro più popoloso del Nord Kivu.
La milizia avanza e si teme che possa a breve entrare in città e conquistarla per arrivare a Goma e dintorni.
Ma anche il sud del territorio di Lubero è «attualmente già occupato».
La strada che va da Butembo a Kyondo è una delle più pericolose da percorrere, come ci raccontano testimoni locali che chiedono l’anonimato.
«Ho appena fatto la strada verso Kyondo per assistere ad un funerale; – racconta la fonte – è un calvario: la strada fa paura, ci sono diverse barricate e barriere, con perquisizioni sistematiche».
Spiega che «perfino la bara del defunto trasportato è stata aperta per essere perquisita».
Chi arriva a «Kyondo si deve preparare psicologicamente e finanziariamente, non è facile.
Penso che perfino l’M23 abbia paura di passare di qui». 
Il 29 giugno scorso il villaggio di Kanyabayonga è ‘caduto’ nelle mani delle milizie dell’M23;
considerato un passaggio strategico per controllare l’accesso al grande nord attraverso l’est del Paese, principalmente Butembo, ma anche Beni, nell’Ituri, Kanyabayonga ha «un’importanza politica e simbolica molto grande».
Così spiega a Radio France Internationale Pierre Boisselet, ricercatore dell’istituto Ebuteli di Kinshasa.
«Da diverse settimane le Forze armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e i gruppi armati loro alleati, ossia i “wazalendo”, i patrioti, cercano di impedire all’M23 di conquistare questa città che rappresentava l’ultimo ostacolo prima di entrare appieno nel territorio di Lubero», spiega Boisselet.
«Vogliono arrivare fino a Kinshasa? E noi allora continuiamo a fuggire fino a dove?», si chiede un abitante locale intervistato dal quotidiano Jeune Afrique.
A Kirumba, il secondo maggior agglomerato urbano a 25 km da Kanyabayonga, «la popolazione è alla psicosi – racconta un responsabile della società civile – I militari stanno per ritirarsi e noi non ci muoveremo più. Non sappiamo più dove andare…». 
Nonostante l’evidenza delle violenze e l’atrocità quasi quotidiana dei massacri, per i giornalisti congolesi non è facile raccontare questo conflitto: ricevono centinaia di minacce e pressioni da entrambe le parti.
In un importante articolo uscito ieri su The Humanitarian, il giornalista Ajabou Adolphe (obbligato ad usare questo pseudonimo pur di raccontare la cronaca) scrive che i giornalisti locali che ‘coprono’ l’M23 sono costretti con la forza a prendere posizione.

«L’anno scorso sono stato arrestato mentre scrivevo una storia sulla guerra – che aveva causato oltre 1,5 mln di sfollati – che stava avendo effetti devastanti su Goma», racconta Ajabou.

Pertanto ogni testimonianza diretta, seppure anonima, resta preziosa per capire la dinamica di questo conflitto che coinvolge anche la popolazione locale costretta in molti casi ad imbracciare le armi.

(Foto: AFP/proprietà Missio)