Estate e viaggi missionari, una sfida di crescita personale e collettiva

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Una esperienza, seppur breve, nei luoghi di missione porta sempre entusiasmo, aspettative, curiosità e anche qualche paura…

Qualsiasi viaggio comporta lasciare il già noto per trovare o ritrovare qualcosa da cui ci si sente abitualmente lontani.

Visitando uno dei tanti mondi in cui sono impegnati i nostri missionari, potremmo improvvisarci turisti, esploratori di realtà geografiche e culturali diverse dalle nostre.

Ma anche esploratori di anime.

Un viaggio nei luoghi di missione ci carica di entusiasmo e aspettative, di curiosità ed anche di paura…

Il periodo estivo è, ovviamente, il più gettonato per i viaggi missionari, anche se non c’è quasi mai corrispondenza tra le stagioni nei diversi continenti, ed è quindi difficile azzeccare il clima giusto.

Sono tante le realtà missionarie nelle quali si può fare esperienza, sia degli specifici carismi e ministeri delle congregazioni storiche; sia delle giovani Chiese presso le quali i missionari vanno a prestare il loro servizio.

La missione non è “incarnata” solamente dal ministro ordinato, dal prete, per intenderci, ma nella sua essenziale opera di evangelizzazione include anche la presenza di suore, laiche e laici impegnati, famiglie  e singoli missionari, prevalentemente nella pastorale sociale e nella promozione umana.

Il viaggio missionario può diventare così occasione propizia per approfondire il senso del nostro essere al mondo, e capire meglio l’appartenenza alla Chiesa nella sua universalità; recuperando il valore della sobrietà di vita proposta dai missionari.

Per mettere meglio a fuoco il nostro orizzonte, umano e spirituale.

Nella essenziale quotidianità africana, ad esempio, ci riscopriamo messi a nudo e senza più schermi difensivi.

Questo per qualcuno può diventare l’inizio di un discernimento vocazionale, come lo è già stato per diversi giovani approdati a scelte di vita evangelica di testimonianza cristiana.

Ma può anche essere semplicemente una occasione di crescita personale e collettiva.

Al di là delle eventuali difficoltà organizzative e logistiche, dobbiamo sempre considerare proprio la motivazione che ci porta a partire, a lasciare la nostra confort zone per avventurarci in una dimensione nuova.

Per il bene della missione stessa, è sempre opportuno insistere sull’aspetto formativo, sul richiedere ai “turisti della missione” un adeguato percorso previo di formazione al viaggio.

E non solo per i gruppi di giovani, per i quali sia le strutture centrali di Missio che i singoli Centri missionari diocesani sono già ben organizzati sia per la formazione che per l’accompagnamento, ma anche per gli adulti ai quali spesso non basta nemmeno l’amicizia con il singolo missionario.

Creando un legame per sostenere anche economicamente lo sforzo missionario per la evangelizzazione e la promozione umana.

L’esperienza “mordi e fuggi”, quindi, non si addice proprio alla missione.

Nonostante la durata di questi viaggi di solito non vada oltre le due-tre settimane, la condivisione dello stile missionario ad gentes ci provoca e ci lascia toccare dalla povertà.

Per riconoscere e soddisfare la nostra sete di spiritualità, che rispecchia l’innato desiderio di colorare di gioia la nostra esistenza.