Gaza, un disastro ambientale (oltre che tragedia umana)

Facebooktwitterlinkedinmail

Di primo acchito, pensare al disastro ambientale che la guerra a Gaza sta causando, può sembrare una velleità.

O forse anche una mancanza di rispetto nei confronti delle decine di migliaia di morti e feriti, e del milione e oltre di sfollati senza più una casa.

«Ma l’ambiente è l’equivalente della vita», fa notare l’avvocata Jamila Hardal, cittadina araba-israeliana, responsabile dell’organizzazione Citizens for the Environment. Intervistata da Terrasanta.net, parte da una premessa:

«Noi non parliamo solo di danni di carattere ambientale.

Il fatto che la Striscia di Gaza, a causa della distruzione operata dall’esercito israeliano di tutte le sue infrastrutture vitali (in termini di risorse idriche, energetiche, del suolo, della rete fognaria…), sia diventata un luogo in cui nessun essere umano potrà vivere, per molti anni, in condizioni accettabili, non porta solo morti immediate, ma un danno più grande.

Un danno che continuerà a causare morte, senza sosta, anche nel futuro».

Il problema più evidente è quello delle risorse idriche che, comunque, anche prima di quest’ultima guerra, per il 96% erano inadatte per il consumo umano.

Già compromesse negli attacchi militari del 2012, 2014 e 2021, oggi non garantiscono nemmeno due litri al giorno per il consumo personale e l’igiene.

Per non parlare delle sostanze inquinanti disseminate sul suolo, in seguito ai continui bombardamenti e alla totale distruzione di ogni tipo di edificio, oltre all’uso della legna da ardere per cucinare, utilizzata al posto del gas di cui c’è forte carenza.

Le sostanze inquinanti si depositano sul terreno, entrano nelle falde acquifere e si disperdono nell’ambiente.

«Personalmente – denuncia l’avvocata Hardal – mi è difficile comprendere come sia possibile non riconoscere la connessione profonda che esiste tra le ingiustizie ambientali e le ingiustizie sociali e politiche».