Il papa ha parlato molto chiaro durante la giornata di riflessione e preghiera per il Libano, tenuta in Vaticano lo scorso 30 giugno.
«Il Libano è e deve restare un progetto di pace. La sua vocazione è quella di essere una terra di tolleranza e di pluralismo», ha detto. E le sue parole sono risuonate come un monito molto forte.
Dunque, niente progetti settari e divisioni nel Paese dei cedri, un «piccolo grande Paese», dice il pontefice, che è un «tesoro di civiltà e di spiritualità, ha irradiato nei secoli saggezza e cultura» e che testimonia «un’esperienza unica di pacifica convivenza».
Il Libano «non può essere lasciato in balia della sorte o di chi persegue senza scrupoli i propri interessi. Perché il Libano è un piccolo-grande Paese, ma è di più: è un messaggio universale di pace e di fratellanza che si leva dal Medio Oriente».
Chiaro il riferimento ad una classe politica ed una gestione del Paese su base etnica e religiosa (politica e religione sono strettamente legate in Libano), circostanza che i leader cristiani e non solo, vogliono evitare proponendo invece uno Stato neutrale, dove sia il criterio della cittadinanza a prevalere.
«In questi tempi di sventura vogliamo affermare con tutte le forze che il Libano è, e deve restare, un progetto di pace. La sua vocazione è quella di essere una terra di tolleranza e di pluralismo, un’oasi di fraternità dove religioni e confessioni differenti si incontrano, dove comunità diverse convivono anteponendo il bene comune ai vantaggi particolari”.
«È perciò essenziale – ribadisce il Papa – che chi detiene il potere si ponga finalmente e decisamente al vero servizio della pace e non dei propri interessi. Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente!».
(Foto wikipedia, una chiesa e una moschea in Libano)