Diritti umani calpestati in Arabia Saudita

Guerra in Yemen, violazioni, soprusi e violenza. Ecco cosa si nasconde dietro la ricchezza dei sauditi.

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Il principe saudita Mohammed bin Salman bin Abdulaziz si è macchiato di crimini efferati e viola sistematicamente i diritti umani.

L’Arabia Saudita poggia per intero su valori anti-democratici e fuori legge: la guerra in Yemen lo dimostra. Eppure l’Occidente flirta con Riad. Perché?

«Due attacchi aerei hanno provocato un gran numero di feriti tra i civili, per lo più bambini. Uno degli attacchi mortali del 2020 è stato lanciato dalla Coalizione (formata da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e governo yemenita, ndr.) alle prime luci dell’alba del 15 febbraio scorso, su un villaggio nell’area di Hayjah, nel distretto di Maslub, provocando la morte di 50 civili».

Lo Yemen è da sei anni nella morsa di una guerra per procura senza scampo, che ha fatto oltre 18.500 vittime tra marzo 2015 e novembre 2020.

Questo conflitto vede l’Arabia Saudita in prima linea a sostegno del governo dello Yemen, e a capo di una coalizione internazionale che sgancia sistematicamente bombe su case e ospedali, in barba a tutte le convenzioni internazionali e violando quelle di Ginevra.

Per lo più si tratta di bombe di provenienza britannica ed americana, ma anche di fattura italiana, tramite la Rwm di Domusnovas, la cui esportazione solo di recente è stata bloccata dall’Italia. A denunciare le nefandezze del regno saudita in Yemen non è solo Amnesty International. Sono le Nazioni Unite, in tutte le loro declinazioni.

Bombe sui civili in Yemen

Della sporca guerra yemenita (tecnicamente combattuta tra regime e ribelli Huthi) e di quanto Riad (assieme a chi combatte al suo fianco) si sia macchiata di crimini di guerra in Yemen, scrive dal 2014 lo Human Rights Council dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Tutto è puntualmente riportato in questi dossier (l’ultimo dei quali contiene 50 pagine di denunce e segnalazioni su ogni singolo attacco subito dalla popolazione dello Yemen) firmato dal cosiddetto Gruppo degli Eminenti Esperti Regionali ed Internazionali. Sono osservatori che si recano ciclicamente in Yemen e scandagliano il Paese dopo ogni bomba sganciata.

Gli Eminenti Esperti (nome roboante ma anche significativo, poiché indica quanto queste violazioni siano tenute da conto), prendono nota della matrice delle bombe sganciate, riferendo il nome delle case di produzione. Vendere armi ad un Paese in guerra come lo Yemen è peraltro vietato dal diritto internazionale.

Ragion per cui i Paesi produttori triangolano vendendo bombe all’Arabia Saudita (sul cui suolo tecnicamente non è in corso una guerra, ma che combatte sul suolo altrui).

Il Parlamento Europeo a settembre 2020 ha approvato ad ampia maggioranza una Risoluzione che condanna le azioni di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ed invita ad «un embargo dell’Unione europea sulle armi» verso questi Paesi.

Su Rwm Italia ancora è in corso una indagine per responsabilità penale rispetto alle esportazioni di bombe della serie MK. Il 22 febbraio scorso il Giudice per le indagini preliminari presso la Procura di Roma ha deciso che deve proseguire l’inchiesta nei confronti dei dirigenti della filiale italiana della tedesca Rheinmetall AG, e degli alti funzionari dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (Uama), agenzia del ministero degli Esteri che autorizza l’esportazione di armi.

«Poco dopo le otto del mattino il primo attacco ha colpito una casa – si legge ancora nello sconcertante rapporto Onu del settembre 2020 – Dieci minuti dopo il secondo attacco ha colpito una location a 150 metri da quella casa. Quattro o cinque minuti dopo, il terzo attacco è sopraggiunto su un’area aperta lontana dal villaggio».

Dodici persone sono state ammazzate quel giorno, compresi sei bambini, mentre 16 civili sono rimasti feriti.

Affari d’oro dell’occidente a Riad

Di recente il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e la Commissione vaticana Covid-19, in collaborazione con lo Strategic Concept for the Removal of Arms and Proliferation (Scrap) hanno proposto il disarmo completo dei Paesi in guerra in tempi di pandemia. Una sorta di tregua delle armi almeno finchè l’altra “guerra”, quella del Covid, non avrà cessato di mietere vittime.

Ma l’Arabia Saudita, nonostante le violazioni continue e premeditate, è considerata ancora un interlocutore valido da tutte le potenze occidentali (Italia compresa), che negoziano con Riad accordi commerciali di ogni tipo.

È da notare che verso i regimi in guerra, o macchiatisi di crimini contro l’umanità come quello siriano, si impongono embargo penalizzanti.

Gli Stati Uniti guidano quello contro Assad in Siria. Persino Sanaa, capitale dello Yemen controllata dai ribelli, è sotto embargo commerciale: ad imporlo è proprio la coalizione saudita. Il che significa che non entra cibo per la popolazione yemenita allo stremo, e che gli aiuti umanitari sono bloccati dai divieti imposti da Riad.

«Chiediamo a tutte le organizzazioni della società civile, alle corti di giustizia internazionale e a tutti i Paesi del mondo di spiegarci perché ci è stato imposto questo blocco totale», hanno detto di recente i manifestanti scesi in piazza a Sanaa.

«Che gli aggressori sauditi sappiano che non ci spaventano», hanno aggiunto. Eppure il terrore e la distruzione del tessuto urbano e umano, dopo sei anni di guerra, hanno già da un pezzo messo in ginocchio un Paese.

Il regime saudita, al contrario, colpevole quanto quello dello Yemen, e alla stregua dei terroristi ribelli Hutuh, di crimini contro l’umanità, è libero non solo di commerciare in armi, ma anche di interloquire a livello diplomatico con le cancellerie di tutto mondo.

Diritti civili sotto i piedi

Fin qui, siamo esclusivamente sul versante internazionale e guerrafondaio dell’Arabia Saudita. Ma su quello interno le cose non vanno certo meglio per quanto attiene la violazione dei diritti umani e civili di Riad. L’elenco è infinito.

«Le violazioni dei diritti umani non sono sporadiche, sono sistematiche; ed è necessario che l’Arabia Saudita operi un cambiamento strutturale fondamentale se intende realmente compiere dei progressi», ha scritto Human Rihgts Watch in uno dei suoi numerosi report. Amnesty International è ancora più esplicita e parla di “regno della crudeltà”.

Tra le violazioni annovera: «l’incessante repressione contro attivisti pacifici, giornalisti e accademici.

Da quando il principe ereditario Mohammed bin Salman è salito al potere – scrive – molti attivisti sono stati arrestati o condannati a lunghe pene detentive semplicemente per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione, associazione e assemblea».

Le autorità saudite perseguitano i difensori dei diritti umani, usando soprattutto l’arma delle leggi anti terrorismo e sul cyber crimine. Di aver attentato alla integrità del Paese è stata accusata anche l’attivista simbolo della libertà delle donne: Loujain al-Hathloul, scarcerata dopo ben 1.001 giorni di carcere duro, con isolamento, torture, sciopero della fame e violenza sessuale. «Il volto di Loujain libera è una delle più belle vittorie per i diritti umani degli ultimi tempi», ha commentato subito dopo la liberazione, il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury.

Accanimento contro le donne

Ma per Loujain la minaccia non è finita. Adesso è ostaggio delle autorità saudite che dispongono della sua libertà “condizionata” e controllano ogni suo spostamento. Tra le violazioni dei diritti e l’abuso di potere, in Arabia Saudita c’è l’enorme onta relativa all’uso e abuso (già di per sé fuori legge internazionale) della pena di morte.

«Il Paese emette ogni anno moltissime condanne a morte, spesso eseguite con macabre decapitazioni pubbliche – denuncia ancora Amnesty – Riteniamo che la pena di morte violi il diritto alla vita e sia crudele, inumana e degradante.

Inoltre, nonostante sia dimostrato come la condanna a morte non scoraggi le persone dal commettere reati, l’Arabia Saudita continua a emettere queste sentenze e a eseguirle, a seguito di processi gravemente iniqui».

Naturalmente tutte le donne nel regno saudita sono discriminate e legalmente subordinate agli uomini in relazione al matrimonio, al divorzio, alla custodia dei figli, all’eredità e ad altri aspetti materiali e psicologici.

Sotto il sistema di tutela, una donna non può prendere decisioni per conto proprio, ma è il parente maschio più prossimo a decidere per lei.

L’uso della tortura come strumento punitivo per i principi sauditi è cosa di routine: altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza rimangono comuni e diffusi, mentre i responsabili non sono mai chiamati a giustificare i propri comportamenti di fronte alla giustizia.

Discriminazione religiosa e razzismo

Infine, la religione è un tasto molto delicato nel regno: una forma radicale ed estremamente violenta di islam, quello wahabita, è la religione ufficiale del regno. I membri della minoranza sciita continuano a essere discriminati e penalizzati.

È limitato il loro accesso ai servizi pubblici e all’occupazione, per esempio, sempre secondo Amnesty: «decine di attivisti sciiti sono stati condannati a morte o a lunghe pene detentive per la loro presunta partecipazione a proteste antigovernative nel 2011 e nel 2012».

D’altra parte le autorità saudite intraprendono azioni punitive anche attraverso i tribunali, e tutto quello che riguarda la condanna dei civili e la carcerazione, viene tenuto sotto silenzio. Attivisti pacifisti e familiari delle vittime, non godono di alcuna difesa, e devono chiedere segretamente aiuto all’esterno: si mettono in contatto, non senza rischiare, con organizzazioni indipendenti per i diritti umani, Ong, diplomatici e giornalisti stranieri.

La democrazia non esiste nel regno e di conseguenza libertà di stampa, di pensiero e di parola sono delle lontane chimere, cui i sudditi, comprese le donne (messi a tacere grazie alla garanzia di ricchezza che rende sfavillante il regno) possono solo ambire silenziosamente.

(Foto wikipedia, Central Intelligence Agency, Washington, D.C. – g7530 ct001530, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=389275)