COMIGI, mons. Aiello: “sogno una Chiesa che non si accontenti”

Facebooktwitterlinkedinmail

“Se la Chiesa si trova in difficoltà oggi è perché ha privilegiato i punti esclamativi su quelli interrogativi, limitando il tempo delle domande.

Io credo che chi ha pensato allo slogan per questo convegno – Sulla tua parola getterò i miei sogni- abbia pensato al Vangelo di Luca 5,1-11: “abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”.

Ma è proprio dal fallimento che nascono le cose belle, non dall’esaltazione. Proprio quando sulla mia vita cala il sipario e non sono al top, quando cala la luce, allora succedono delle cose”.

Sono le parole con le quali monsignor Arturo Aiello, vescovo di Avellino, ha aperto il Convegno Missionario Giovanile- COMIGI 2018- a Sacrofano.

Prendendo le mosse dal vangelo di Luca, monsignor Aiello ha parlato dell’esperienza del “fallimento come luogo di grazia” e ha poi indagato il tema del sogno, che è al centro di questa kermesse missionaria della Fondazione Missio, in corso fino al primo maggio.

“I sogni sono sempre deboli se declinati al singolare, solo al plurale si avverano”, ha spiegato il vescovo, rivolgendosi agli oltre duecento giovani delle diocesi intervenuti.

“La stoffa dei sogni si chiama desiderio: bisogna rieducarci al senso del desiderare senza fretta. I sogni hanno a che fare col tempo di attesa e non con l’offerta speciale”.

E ancora rivolto alla platea: “I’m a dream, io non ho un sogno, ma io sono un sogno: il sogno di Dio”, per passare dalla visione di una “generazione bruciata a quella di una generazione incendiaria”.

Infine rispondendo alle domande dei giovani in sala che gli chiedevano quale fosse un suo sogno, il vescovo ha detto:

“Io sogno una Chiesa che non si accontenti, sogno che il sogno di papa Francesco non rimanga chiuso in un cassetto e circoscritto ad un gruppo ma che si estenda a tutti e che il Concilio si avveri”.

Giovanni Rocca segretario nazionale di Missio Giovani, rispondendo alle nostre domande ha detto che è importante “riprendersi in mano la gioventù”.

Il suo è un monito anche al mondo degli adulti che in qualche modo proiettano le loro frustrazioni sui figli:

“quelli che stiamo vivendo noi sono altri tempi, non sono i vostri, sono i nostri! – dice rivolto a chi punta sempre il dito contro le nuove generazioni – Noi vogliamo essere qui ed ora. La nostra generazione vive una frustrazione: abbiamo una rabbia dentro, ma non è la nostra. Ci hanno messo addosso delle etichette, ci hanno chiamato problematici e arrabbiati ma queste cose non ci appartengono”.

Invitati a sognare in grande e a tracciare i contorni di una via saggia alla felicità i ragazzi sanno tirare fuori il meglio di sé.

“Noi- ha aggiunto Rocca – quella scintilla in più per capire le cose già ce l’abbiamo: “i giovani sono profeti con le ali”, dice il papa.

Riusciamo a guardare più lontano dei profeti”. Ma è anche vero che “i sogni si possono reprimere: se uno non sa quanto vale come fa a credere nei suoi sogni? Io penso che lo scopo principale di un cristiano sia quello di essere felice. La tua missione è realizzarti, se nel farlo riesci ad aiutare qualcun altro a realizzarsi, quello è vangelo!”, dice Rocca.