Sono presenti là dove vivono persone ai margini della società, oscurate dalla logica del consumismo e dall’arroganza politica. I movimenti popolari resistono, soprattutto in questi tempi di crisi e pandemia, per restituire dignità alla gente.
Nei suoi anni come arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio celebrava ogni anno una messa «per una patria senza schiavi nè esclusi»: vi partecipavano i cartoneros, abitanti delle sterminate villas miserias, venditori ambulanti, lavoratori in Movimento dei lavoratori esclusi.
Bergoglio «era l’unico sempre al nostro fianco quando la lotta era più dura e che si batteva contro le diverse forme di schiavitù a cui noi lavoratori eravamo sottomessi».
Basterebbe questo aneddoto per comprendere la decisione presa da papa Francesco di promuovere, a cadenza quasi annuale, gli incontri mondiali dei movimenti popolari, dando a questa realtà una visibilità e un rilievo mediatico, ma anche ecclesiale, fino a quel momento impensabili.
Mai come in questa particolare fase storica, alle prese con la pandemia e i danni della crisi economica, questi incontri (per ora on-line) sono una risorsa preziosa.
Al primo incontro in Vaticano nell’ottobre 2014, sono seguiti quello in Bolivia nel 2015, a Santa Cruz de la Sierra, e ancora a Roma nel 2016; poi, nel 2018, il pellegrinaggio a Temuco, in Cile, per incontrare il pontefice in visita nel Paese; infine, nel 2020, in piena pandemia, i movimenti popolari si sono radunati on line, sempre con la presenza, per quanto virtuale, del papa.
Il documento stilato dall’Emmp si ispira esplicitamente alle parole del Pontefice, ma per diversi aspetti è più radicale. I movimenti affermano che «la crisi socio-ambientale non si può superare nel quadro del sistema capitalista egemonico a livello mondiale».
E qualora servisse un ulteriore indizio di quanto papa Francesco consideri questa realtà un esempio per la Chiesa e per la sua missione nel mondo, ecco i numerosi riferimenti ai movimenti popolari presenti nell’enciclica Fratelli tutti, pubblicata nello scorso ottobre.
Dimensione comunitaria ed economia artigianale
Ma che cosa sono esattamente i “movimenti popolari”? Chi ne fa parte e quali ne sono gli obiettivi?
Nascono per restituire dignità e voce a tutte quelle persone a cui nessuno darebbe mai ascolto.
«Dimostrano – ha detto lo stesso pontefice – che è possibile contrastare la cultura dello scarto e generare nuove forme di lavoro centrate sulla solidarietà e sulla dimensione comunitaria, in una economia artigianale e popolare».
Chi ne fa parte è in qualche modo identificato da una mancanza. Non è infatti un’ideologia o un interesse ad accomunare queste persone, ma semplicemente il fatto di mancare di qualcosa di essenziale. In particolare tre cose, tre parole che curiosamente nella versione spagnola iniziano tutte con la stessa lettera: tierra, techo, trabajo, ovvero terra, casa e lavoro.
Fanno quindi parte dei movimenti popolari categorie come contadini senza terra, affittuari, proprietari di piccoli poderi, senzatetto, persone che vivono in baraccopoli o in case occupate, lavoratori a giornata e stagionali, riciclatori, venditori ambulanti, collaboratori domestici, operai che recuperano aziende o fabbriche abbandonate o distrutte.
Milioni di persone che vivono ogni giorno in uno stato di precarietà e povertà tale che non permette loro di immaginare nessun futuro.
E non si pensi a una sparuta e residuale minoranza: in base ai dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), secondo cui l’economia informale rappresenta tra il 50% e il 75% dell’occupazione non agricola nei Paesi in via di sviluppo, e tenendo conto che nei Paesi del Nord del mondo cresce il peso del settore informale, si può stimare che stiamo parlando di almeno tre dei sette miliardi di abitanti del pianeta.
Ma papa Francesco non ha deciso di convocare questi incontri per fare un “censimento” dei poveri o un convegno sociologico sulle piaghe che affliggono l’umanità: l’obiettivo non è (solo) denunciare l’ingiustizia ma dare spazio alle buone pratiche di chi, in modo pacifico, lotta contro di essa, senza rimanere passivi in attesa di soluzioni dall’alto. E inserire questa sete di giustizia in un cammino evangelico.
Chi aderisce ai movimenti popolari vuole essere protagonista, organizzandosi, studiando, lavorando, praticando la solidarietà.
(Foto libera da copyright di Los Muertos Crew da Pexels)
(Una versione integrale di questo articolo è stata pubblicata sul numero di maggio di Popoli e Missione).