E’ ipotizzabile davvero un viaggio apostolico del Santo Padre in Argentina per il 2024?
Il presbitero gesuita Guillermo Marcó, direttore del Servizio di Pastorale Universitario e presidente dell’Istituto per il Dialogo interreligioso, aveva anticipato mesi fa una sua imminente visita nel Paese.
«È prevista per marzo o aprile – ha dichiarato alla stampa Marcò – La nunziatura di Buenos Aires ha già fatto le riforme necessarie nella casa per riceverlo.
Se così fosse, toccherebbe al neo presidente Javier Milei l’onore di essere colui che riceve di nuovo nella sua stessa terra, Papa Francesco».
Gli argentini ne avrebbero tanto tanto bisogno.
Alla fine della Seconda guerra mondiale questo Paese grande dieci volte l’Italia era considerato il “granaio del mondo” perché con la sua produzione cerealicola soddisfaceva il fabbisogno alimentare delle nazioni uscite distrutte ed affamate dal conflitto.
Oggi, però, le statistiche sono terribili. Secondo i dati dell’ultimo trimestre 2023, la diffusione della povertà in Argentina è infatti del 50%, con oltre il 10% della popolazione in miseria.
Come se non bastasse l’inflazione, la peggiore tassa occulta per i poveri, ha superato il 220% annuale – solo lo Zimbabwe fa peggio al mondo – con previsioni del 300% entro marzo 2024 per poi (si spera) scendere.
Attualmente la situazione a Buenos Aires è persino peggio di fine 2001, quando Jorge Bergoglio era arcivescovo metropolitano di Buenos Aires e dal suo appartamento vide i fumogeni e le cariche della polizia contro la popolazione disperata.
Oggi la crisi potrebbe addirittura sfociare in guerra civile secondo il quotidiano messicano La Jornada, uno scenario che il nuovo presidente deve assolutamente scongiurare.
L’Argentina che ha visto cambiare l’inquilino della Casa Rosada il 10 dicembre scorso è sull’orlo del baratro perché «a cambiare deve essere il modello economico che deve smettere di sacrificare i più poveri».
Parole pronunziate da papa Francesco la cui voce è ancora la più ascoltata e dove gente non aspetta altro di poterlo abbracciare presto in quella che sarebbe la sua prima visita pastorale nel suo martoriato Paese, perennemente in crisi.
Del resto, «bisogna distinguere molto tra ciò che un politico dice in campagna elettorale e ciò che farà realmente dopo, perché allora arriva il momento della concretezza, delle decisioni» ha dichiarato il papa il 13 dicembre scorso alla televisione messicana Televisa.
E, al di là delle dichiarazioni folli di qualche mese fa, da quando Milei si è insediato alla presidenza ha moderato toni, recuperando la dottrina economica della Scuola di Salamanca del XVI secolo, con a capo il sacerdote domenicano Francisco de Vitoria e altri religiosi cattolici.
Inoltre le idee del presidente eletto non sembrano più essere opposte a quelle della Chiesa, avendo riconosciuto a fine dicembre la sua capacità di risvegliatrice delle coscienze nel campo del bene comune.
Tutto questo potrebbe portare alla costruzione di ponti anche con il «loco» Milei, che ha oggi più che mai bisogno dell’aiuto della Chiesa per salvare l’Argentina.
(L’intero reportage su “l’incognita Milei” è stato pubblicato sul numero di febbraio di Popoli e Missione).