Il ‘fronte’ in guerra non esiste più, aggiornare Diritto (internazionale) e sanzioni

Salvare i civili evacuandoli durante i conflitti

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Le guerre in corso nel mondo – dal conflitto in Ucraina al genocidio di Gaza (per il quale la nostra responsabilità di osservatori inerti riecheggerà a lungo in futuro);

dalla guerra in Sudan alla mattanza della Repubblica Centrafricana, dalla tragedia di Haiti e del Tigrai, del Congo e Mozambico, ci dicono che la trincea non esiste più.

La punizione collettiva sulla popolazione di Gaza è senza precedenti nella Storia del secondo dopoguerra.

L’inerzia della Comunità internazionale (nonchè della società civile, che evita di manifestare in piazza se non in modo episodico) pesa come un macigno.

La trasformazione dei conflitti da guerre del “fronte”, combattute da soldati di professione, a guerre di “casa” che puntano a fare fuori i civili, è oramai da diversi anni una realtà conclamata.

Inaugurata sempre a Gaza con Piombo fuso e proseguita in Siria.

Dovremmo tutti – politici, insegnanti, giornalisti, studenti, commercianti, attivisti, preti, suore e comuni cittadini – pretendere che le guerre non tocchino più i civili.

Una grande rivolta collettiva e trasversale, una piazza costante di gente arrabbiata.

Solo un nuovo capitolo del diritto internazionale (nonostante le Convenzioni di Ginevra contengano già tutto), potrà regolamentare ulteriormente questa materia.

Aggiornando i Trattati, non solo per impedire l’uccisione di bambini, donne, uomini inermi, sganciando bombe mirate su obiettivi proibiti (case, ospedali, ambulanze, parchi giochi, scuole, campi profughi), ma portando in salvo i civili.

Il corridoio umanitario non può più essere una soluzione ex post. A posteriori. A cose fatte.

Deve diventare – sempre, anche a Gaza! –  uno strumento di salvataggio nel corso delle guerre.

Un grande vuoto giuridico e politico (nonché negoziale) va riempito al più presto relativamente alla necessità di mettere al sicuro le persone, portandole fuori dai conflitti.

In Ucraina la guerra di invasione russa compie a febbraio due anni, ma è dal febbraio del 2014 che Mosca persegue il suo obiettivo di annessione del Paese.

Dopo 24 mesi esatti di sanguinosi combattimenti le stime variano parecchio ma il dato più eclatante lo ha messo nero su bianco, il 18 agosto 2023 il New York Times, usando fonti militari: il numero totale di soldati ucraini e russi, uccisi o feriti dall’inizio della guerra, si avvicina a 500mila persone. Ovviamente questo dato adesso andrebbe aggiornato.

Per i civili si parla invece di oltre 10mila morti.

Dal marzo 2014 l’Unione Europea ha progressivamente imposto misure restrittive nei confronti della Russia in risposta all’annessione illegale della Crimea; all’aggressione militare contro l’Ucraina e all’annessione illegale delle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson.

Ma le sanzioni risultano ancora troppo blande, concepite per indebolire la base economica della Russia, privandola di tecnologie e mercati fondamentali e limitando in modo significativo la sua capacità bellica.

Tra le vittime civili israeliane dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 si contano anche 33 minori uccisi e circa 30 rapiti.

Al momento dei 240 ostaggi catturati da Hamas ne sono stati liberati 69, mentre di 40 di essi si sono perse le tracce.

La reazione militare israeliana su Gaza è stato un genocidio: la Striscia non esiste più, i civili uccisi sotto le bombe sono oltre 22mila e non vengono risparmiati i bambini.

 Almeno 6mila persone, tra cui 4mila minori risultano dispersi sotto le macerie, più di 17mila bambine e bambini sono rimasti feriti.

Inoltre, per Gaza si pensa ad una “soluzione” di deportazione dei superstiti verso mete lontane: Israele ha lasciato trapelare che la Repubblica Democratica del Congo potrebbe essere una delle destinazioni dei civili.

Il genocidio programmato di Gaza pesa come un macigno sulle coscienze di ognuno di noi, poiché si assiste senza agire ad una distruzione totale.