Guerre e migrazioni sono un binomio consolidato, e gli ultimi eventi bellici in Europa e in Medio Oriente ce lo dimostrano ancora una volta.
E’ uno dei dati evidenziati dal 32esimo Rapporto Immigrazione 2023 curato da Fondazione Migrantes e Caritas Italiana presentato oggi al Carpegna Palace Hotel di Roma.
“Liberi di scegliere se migrare o restare” è il titolo del Rapporto curato da Manuela De Marco (Caritas Italiana) e Simone Varisco (Fondazione Migrantes) e con il contributo di Istat, Censis, enti, associazioni, Istituti religiosi e della Fondazione Missio.
Nell’ottica di «una collaborazione “sinodale” di varie realtà e uffici della Cei che condividono lo sguardo della Chiesa italiana che vede in ogni uomo una scommessa di futuro», ha detto monsignor Giuseppe Baturi, Segretario Generale Cei, durante l’incontro.
Il numero dei migranti a livello globale è in aumento: 281 milioni nel 2021, ovvero il 3,6% della popolazione mondiale, a fronte di 272 milioni nel 2019.
Per quanto riguarda l’Italia, al 1° gennaio 2023 le stime Istat indicano la presenza di 5.050.257 cittadini stranieri residenti, in lieve aumento rispetto all’anno precedente (5.030.716).
Il Rapporto evidenzia come «il clima sociale e politico in Italia da dieci anni a questa parte sia cambiato», mentre anche «l’attenzione dei media al tema dell’immigrazione è sempre più orientata all’allarmismo».
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio nazionale, gli immigrati vivono soprattutto al Nord (59,1% dei residenti totali): nelle regioni occidentali risiede il 34,3% e in quelle orientali il 24,8%; seguono Centro (24,5%), Sud (11,7%) e Isole (4,6%).
La Lombardia si conferma la regione più attrattiva: da sola conta il 23,1% della popolazione straniera residente in Italia; seguono Lazio (12,2%), Emilia-Romagna (10,9%), Veneto (9,8%) e Piemonte (8,2%). Sul podio delle nazionalità sono sempre i cittadini rumeni, che rappresentano uno straniero su cinque fra i residenti in Italia.
A seguire marocchini e albanesi (8,4% e 8,3% del totale). Diminuiscono tunisini, senegalesi, nigeriani, cinesi e filippini mentre bangladesi e pakistani stanno consolidando il loro percorso migratorio in Italia. Il maggior numero di nuovi nati è rumeno (19,4%), poi marocchini (13,3%) e albanesi (11,8%).
Calano le acquisizioni di cittadinanza che, pur avendo raggiunto la soglia del milione negli ultimi sei anni, sono in progressiva diminuzione: fra il 2020 e il 2021 sono scese del 7,5%. Un’acquisizione su cinque è appannaggio dell’Albania, seguita dal Marocco.
Significativa è la terza posizione occupata dal Bangladesh (il 4,7%), mentre in quarta e quinta troviamo India e Pakistan.
La fotografia sulla situazione migratoria in Italia offre dati su cui fermarsi a riflettere: secondo l’Istat, vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione e 600mila stranieri residenti, per un totale di oltre 614mila nuclei familiari.
Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti. La percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso è cinque volte superiore per gli stranieri rispetto agli italiani. L’incidenza della povertà tra le famiglie di stranieri con minorenni è drammatica: il 36,2%, più di 4 volte la media delle famiglie italiane con minori (8,3%).
Nel 2022 le persone straniere incontrate nei soli Centri di ascolto e servizi informatizzati Caritas sono state 145.292, su un totale di 255.957 individui).
Per quanto riguarda l’appartenenza religiosa i cristiani stranieri sono in maggioranza assoluta con il 53,5%, mentre gli ortodossi rappresentano il 29,9%.
Tra le altre confessioni religiose, aumentano i musulmani (il 29,8% al 1° gennaio 2023, a fronte del 29,5% nel 2022).
Vi sono poi 156mila buddisti, 136mila evangelici, 126mila cristiani “altri” (non ortodossi né cattolici né evangelici né copti), 104mila induisti, 85mila sikh, 81mila copti e 20mila fedeli di altre religioni, oltre a 478mila atei o agnostici.
Dietro questi numeri ci sono storie, e frammenti di culture diverse, realtà che chiedono un cambiamento radicale della narrazione, passando dall’emergenza a quella di una quotidianità conquistata spesso attraverso percorsi accidentati: le cifre del mondo della scuola, della salute, dell’occupazione, dell’inserimento sociale della donna parlano di un cammino da leggere con attenzione.
Anche perché, ha sottolineato monsignor Baturi «ci sono tantissimi italiani che si mettono a disposizione e aiutano gli immigrati.
Il problema è saper orientare questa disponibilità in un progetto politico lungimirante, capace di pensare ad un futuro insieme, che sia una opportunità di crescita per tutti».
Leggere dietro i numeri per comprendere il cambiamento degli scenari mondiali: è quello che auspica monsignor Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, difronte alla nuova guerra in Medio Oriente che apre prospettive di nuove emergenze di mezzo milione di nuovi profughi.
«Questo rapporto racchiude la fatica della migrazione di tanti – dice –, nel percorso della fuga, nell’accoglienza, nell’inserimento. I dati raccontano che i migranti si assimilano alle difficoltà degli italiani: nascono meno figli, ci sono difficoltà nella formazione scolastica, in campo lavorativo.
Molti elementi ci aiutano a superare i pregiudizi e a valorizzare il patrimonio che questi stranieri portano con sé».