Le Olimpiadi invernali di Pyeongchang sono iniziate il 9 febbraio e termineranno il 25, ma già si parla di disgelo tra le due Coree.
Sono bastate alcune strette di mano, foto rassicuranti e sorrisi, per far parlare di nuove alleanze diplomatiche.
Questo è in effetti un evento storico che lascia il mondo col fiato sospeso per la svolta che può segnare nei rapporti tra Nord e Sud Corea e negli equilibri internazionali che gravitano sull’area orientale dell’Asia.
Vediamo di capire meglio che sangue corre tra i due Paesi e ricapitolare le azioni del leader nordocoreano Kim Jong-un.
Dopo l’avvio del programma missilistico nucleare nel 2006 da parte dell’ex leader, padre di Kim Jong-un, i lanci di testate sempre più potenti e a lunga gittata sono diventati così frequenti ed enfatizzati dal regime da terrorizzare non solo il Giappone, ma gli Stati Uniti e il mondo intero.
Negli ultimi mesi del 2017 la minaccia di una guerra nucleare devastante è andata crescendo tra i continui e sempre più diretti botta e risposta tra il presidente americano Donald Trump e il dittatore nordcoreano da lui definito “rocket man”.
Icona di una delle ultime dittature comuniste sul pianeta, circondato dai suoi generali e sempre con un sorriso beffardo stampato sul viso, Kim Jong-un si è rivelato l’abile regista di una situazione internazionale che pareva già definita tra l’appoggio cinese, gli interessi russi e la presenza americana al di qua del famoso 38esimo Parallelo.
Tra i sali e scendi delle borse e il lavorio delle cancellerie diplomatiche, in molti si sono chiesti quale ruolo avesse nella vicenda la Corea del Sud, con il neo presidente Mon Jae-in, democratico e grande fautore della pacificazione della penisola divisa in due tronconi dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Da allora il confine più militarizzato del mondo – lungo 240 chilometri e largo quattro – ha spaccato famiglie e storia comune in nome della spartizione in osservanza alle ideologie politiche: comunista al Nord e filo americana al Sud.
Diverse generazioni di nordcoreani hanno cercato di attraversare la barriera, e le storie delle persone disperse o uccise ricordano agli europei quelle dei tedeschi della Germania dell’Est che cercavano di oltrepassare la vergogna del Muro di Berlino (caduto nel 1989), odiato monumento alla logica delle spartizioni dei territori a spese delle persone.
Oggi sport e diplomazia si danno appuntamento a Pyeongchang, nella speranza che si ripeta il destino degli incontri delle squadre di ping pong (da allora si parla addirittura di “diplomazia del ping pong”) cinese e americana del 1971 che aprì la strada alla storica visita di Nixon a Mao in Cina.
Con l’inizio di quest’anno, per la prima volta dopo il 2015, il dialogo inter-coreano è già andato molto più in là di quanto sperato.
Oltre a inviare una delegazione nordcoreana ai Giochi olimpici invernali è stata confermata la ripresa delle comunicazioni militari «per allentare le tensioni al confine».
Fortemente voluto dal Ministero dell’Unità sudcoreano, l’incontro si è svolto a Panmunjom, un villaggio alla frontiera tra i due Stati, dove fu stabilito il “cessate il fuoco” della guerra di Corea (1950-1953).
L’annuncio è stato dato qualche ora dopo che la Corea del Sud e gli Stati Uniti hanno accettato di rimandare le manovre militari previste durante lo svolgimento dei Giochi olimpici, esercitazioni che negli ultimi due anni hanno contribuito ad aumentare la tensione nella penisola coreana.
Dopo gli ultimi, potenti tre test nucleari e le dichiarazioni del dittatore nordcoreano di «essere in grado di raggiungere l’intero territorio degli Stati Uniti con armi nucleari», con uno dei colpi di scena in cui è maestro, nel discorso d’inizio anno alla nazione, Kim Jong-un ha teso la mano alla Corea del Sud, adombrando la partecipazione di atleti nordcoreani ai giochi.
«Le consultazioni sono una cosa positiva» ha twittato subito Donald Trump, rimangiandosi l’ultima dichiarazione: «Sono potente e pronto ad usare tutta la nostra potenza contro la Corea del Nord».
Poi il presidente americano è stato riassorbito da scandali e contestazioni in casa sua, troppo occupato per continuare il duello a distanza sulla grandezza dei bottoni da spingere per far partire i razzi.
All’inizio di gennaio scorso Moon Jae-in aveva accettato la proposta nordcoreana di apertura del dialogo tra i due territori, anche se la speranza di un miglioramento dei rapporti è condizionata dalla risoluzione della questione nucleare di Pyongyang, ai ricongiungimenti familiari dei parenti divisi dopo la guerra tra le due Coree (1953), dalla riduzione di alcune sanzioni per il Nord.
Ora le due Coree si stanno preparando a intraprendere un nuovo cammino: quello della comunicazione restaurata.
Le Olimpiadi di Pyeongchang sono dunque «un’opportunità rivoluzionaria per la pace», che scivola sui pattini dei due atleti nordcoreani, Ryom Tae-Ok e Kim Ju-Sik, qualificati dall’International Skating Union. Pechino, l’alleato principale di Pyongyang, ha elogiato questi sviluppi. La Cina spera, ha detto il portavoce della diplomazia cinese Geng Shuang, che «entrambe le parti coglieranno l’occasione per compiere sforzi concreti per migliorare le loro relazioni (…) e per raggiungere la denuclearizzazione della penisola».
«Il miglioramento delle relazioni tra Corea del Nord e Corea del Sud non può essere separato da una soluzione al programma nordcoreano» ha detto Moon Jae-in, rilanciando le ansie di Washington e del Giappone che si è già visto passare sulla testa un paio di testate nucleari nordcoreane e teme che la ripresa dei colloqui non abbia niente a che vedere con l’abbandono da parte di Pyongyang dei suoi programmi nucleari e balistici.
«La Corea del Nord sta alternando fasi di un apparente dialogo alle provocazioni, ma intanto continua a sviluppare armi nucleari e missili» ha dichiarato il ministro della Difesa giapponese Itsunori Onoreda, concludendo che «non abbiamo intenzione di diminuire la nostra attenzione e le attività di sorveglianza».
Per capire se queste Olimpiadi d’inverno apriranno davvero le porte ad una nuova “primavera coreana” bisogna fare i conti con i “convitati di pietra” seduti intorno all’agone di Pyeongchang, che si svolge nel periodo del Capodanno lunare, la più lunga e popolare festa d’Oriente. Al termine dello show bisognerà tirare le fila nuovamente.
(una versione completa di questo articolo è stata pubblicata su Popoli e Missione di febbraio)