L’International Crisis Group (think tank di analisi per la prevenzione dei conflitti) lo aveva annunciato già nel 2019: il Sahel è un’area calda, tutta l’Africa occidentale «rischia il contagio jihadista». E il Benin, sul Golfo di Guinea, confinante col Niger, non fa eccezione. Questo piccolo Paese molto povero e molto vicino alla zona off limits rischia la paralisi nei prossimi mesi.
Ne abbiamo sentito parlare in occasione della pandemia, perchè è stato uno dei primi tre Paesi a beneficiare del Fondo di emergenza istituito da Papa Francesco presso le Pontificie Opere Missionarie (POM) per sostenere le Chiese in tempi di Covid-19.
A ridosso del settimo Vertice dei Capi di Stato del G5 Sahel (Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad), il numero uno dell’intelligence francese aveva nominato il Benin tra i primi ‘nuovi’ Paesi che rischiano l’espansionismo delle cellule del terrore.
La Repubblica del Benin (un tempo regno africano del Dahomey, principale emporio della tratat di schiavi) era rimasta finora abbastanza al riparo dalle cronache di violenza e guerriglia che infestano tutta la zona, dal Niger al Mali.
Con una superficie di 112mila e 620 kilometri quadrati, e una popolazione di 8 milioni e 850mila persone, il Paese presenta un Indice di Sviluppo Umano basso (Isu) di 0,427 che lo pone al 158° posto su 189 Paesi. L’indice di mortalità infantile è molto elevato: ogni mille bambini nati vivi, 148 muoiono prima di aver raggiunto i cinque anni.
Secondo l’Unicef le più alte disparità nella spesa per l’istruzione sono state riscontrate in 10 paesi in Africa tra cui il Benin, dove i fondi destinati ai bambini più ricchi sono quattro volte superiori rispetto a quelli per i bambini più poveri. Un bel libro di Felicia Buonuomo parla dei concasseurs, letteralmente i bambini spaccapietre. Una realtà diffusa nella zona collinare di Dassa, dove il lavoro minorile senza diritti è una consuetudine.
Eppure questo Paese fragile, senza prospettive di crescita economica, oggi è nel mirino dei terroristi che lo usano per arrivare altrove, e che si preparano a penetrare sempre di più in Africa.
«Dal Sahel si preparano sia attacchi su larga scala che espansioni jihadiste verso il Golfo di Guinea, verso la Costa d’Avorio e il Benin- ha detto in uno dei suoi rari interventi pubblici il capo dei servizi segreti francesi, Bernard Emié – È quindi in questo momento che si gioca una partita serrata in Africa occidentale. Senza dimenticare Libia, Yemen, Somalia, Mozambico e Afghanistan».
la foto è tratta dal sito del World Food Programme.