Un bambino su 10 nel mondo è vittima del lavoro minorile. Sono 160 milioni i minori tra i 5 e i 17 sfruttati in lavori spesso duri e pericolosi: una piaga sociale in crescita negli ultimi due decenni, a causa della povertà creata dalla pandemia e dalla mancanza di iniziative politiche. E ogni giorno 97 milioni di bambini e 63 milioni di bambine finiscono in fabbrica, in miniera, nei campi, nei mercati, nelle officine tessili, nei bordelli, invece di andare a scuola. In Repubblica Domenicana sono 340mila e si chiamano Edwin, Cristóbal, Moisés, Kioranny i ragazzini del quartiere La Ciénaga di Santo Domingo. Sono figli della povertà, sono i “Canillitas”, i bambini che muovono appunto “le gambe” per andare a cercarsi da vivere per aiutare la famiglia. Ai “Canillitas” è dedicato il cortometraggio diretto da Raúl de la Fuente e prodotto da Misiones Salesianas presentato questa mattina nella Sala Benedetto XVI in Vaticano.
Il Progetto Canillitas nato 38 anni fa sulla base del metodo educativo di Don Bosco, in questi decenni ha avuto come beneficiari più di 93mila ragazzi, con l’aiuto a 70mila famiglie grazie alla scolarizzazione, alla formazione professionale umana e religiosa. A sostegno di questo impegno c’è anche la Fondazione “Don Bosco nel Mondo” che si occupa di sostenere i progetti educativi, sociali, di accoglienza e formazione dei giovani.
Uno dei protagonisti del film è Moises, 14 anni, due occhi vivaci, studente di quinta elementare nella casa salesiana. E’ cresciuto in situazioni difficili «mamma e papà bevevano e litigavano. Poi lui se n’è andato e sono rimasto a casa con tre fratellini, ma mia madre mi picchiava e sono andato a stare dalla nonna. Per strada? Avevo sempre paura, c’era gente violenta in giro, a volte dei miei amici sono stati picchiati, derubati, uno è morto». Aquiles invece fa il venditore di banane, è basso di statura ma ha lo sguardo da grande. Abril è un’adolescente, fa la cameriera in un bar ma gli adulti che bevono birra non sono rassicuranti. Come questi ragazzi, il film racconta di altri che grazie ai salesiani, hanno potuto cogliere una opportunità di cambiamento, frequentando «le scuole del Progetto Canillitas dove tornano ad essere bambini a cui piace correre, giocare e sognare di diventare sportivi, medici, artisti, avvocati – ha detto Alberto López Herrero, produttore del documentario –. La pedagogia salesiana è in grado di valorizzare le potenzialità dei ragazzi, rigenerare il tessuto sociale, e migliorare la vita dei quartieri più degradati».
Canillitas è un esempio tra i tanti che la lotta alla povertà è non solo possibile ma ricca di risultati, grazie alla «concretezza della presenza salesiana nel mondo – ha sottolineato Alberto Rodriguez Mármol, presidente della Fondazione “Don Bosco nel Mondo” –. Sono circa 15mila i missionari che ci presentano le loro proposte di progetto per i giovani in 136 Paesi, e a cui come Fondazione cerchiamo di dare risposta, perché il carisma di Don Bosco sia operante, vitale e riconoscibile».
Don Juan Linares, missionario salesiano a Santo Domingo da 40 anni ha raccontato di avere seguito molte generazioni di ragazzi recuperati dalla strada, oggi diventati «ottimi professionisti, padri di famiglia e cittadini onesti. Don Bosco ci ha insegnato che è possibile cambiare vita e questi bambini che scoprono di amare la scuola, l’apprendimento e lo sport, sono una lezione di speranza che continua a spingermi avanti. Vogliamo essere una Chiesa di amicizia e solidarietà con i poveri che sono la rappresentazione di Gesù accanto a noi. Il mio sogno è che tutti i bambini di strada possano andare a scuola e diventare adulti migliori».
(Fotogramma tratto dal documentario “Canillitas”).