Luca Attanasio non era solo l’ambasciatore italiano a Kinshasa, era anche un uomo profondamente impegnato nel sociale e «un amico fraterno» per i missionari italiani che vivono in Repubblica Democratica del Congo. Aveva sostenuto i saveriani di Bukavu nella realizzazione di progetti sociali ed era stato a casa loro appena due giorni prima d’essere ammazzato, sabato 20 febbraio.
«Ci eravamo salutati con tanto entusiasmo e anche con diverse promesse. Luca era riuscito finalmente ad ottenere dal governo congolese il nulla osta per l’adozione internazionale dei bambini da parte dell’Italia, e ci aveva parlato di diversi progetti umanitari in corso».
A raccontarci tramite whatsApp gli ultimi giorni di vita del diplomatico italiano in Congo, è padre Gianni Magnaguagno, saveriano.
Quell’incontro non era stato un’eccezione per Luca Attanasio: seguiva da tempo le attività dei missionari (anche dei salesiani). «Era molto affezionato a noi – ricorda padre Gianni – veniva volentieri e ci aveva già aiutato per l’apertura di un’attività agricola su in montagna a sostegno di una cooperativa sociale che crea lavoro. Ci aveva procurato un finanziamento per aprire una latteria».
Il profilo che il saveriano traccia dell’ambasciatore italiano è quello di un uomo dai profondi valori cristiani: «una persona veramente eccezionale – dice – molto buono e alla mano; ci davamo del tuo, come in famiglia. Anche sua moglie è molto impegnata, gestisce un’attività di recupero per ragazzi senza famiglia, andavano fuori di notte a dar da mangiare a chi non ne ha. La loro onlus si chiama Mama Sofia»
Sabato scorso alle 17.00 Attanasio «era arrivato qui a Bukavu con la delegazione del Pam (Programma Alimentare Mondiale) – racconta ancora Magnaguagno – Con lui c’era anche il console Alfredo Lorusso (fermatosi a Goma e sfuggito all’agguato ndr.) e la sua guardia del corpo. Abbiamo fatto un incontro e poi un dibattito: il giorno successivo c’è stata la messa alle 8.00 e loro hanno partecipato, poi sono ripartiti per Goma».
Secondo il missionario che prova a capire la dinamica dell’attentato «si è trattato di un agguato per sequestrarli e sono stati presi. Lui e la scorta sono stati portati via, stavano andando nella selva quando sono intervenute le guardie armate del parco e i militari. C’è stata una sparatoria, l’autista è stato ucciso subito; hanno freddato l’ambasciatore e la sua scorta». Se non fossero intervenuti i ranger, dice il missionario, «forse non avrebbero sparato».