Dal 26 luglio ad oggi in Niger è in vigore una «non annunciata e ben definita transizione di regime».
«Le sanzioni economiche e sociali approvate e applicate in fretta da un parte dei Paesi confinanti, specie quelli con lo sbocco sul mare, aggiungono sofferenze al già temibile quotidiano della povera gente».
Lo racconta padre Mauro Armanino in una lettera aperta da Niamey, spiegando che l’imposizione delle sanzioni economiche non nuocciono ai potenti ma ai poveri.
C’è anche «qualcosa di straordinario che sta accadendo nel Paese e che, a guardarlo da vicino, desta ammirazione e stupore», dice il missionario.
Si tratta della quotidiana «resistenza dei ‘piccoli’ che, soprattutto in silenzio, realizzano un’autentica rivoluzione sociale».
Scrive padre Mauro che le persone comuni e le più povere
«stanno pagando un prezzo molto alto al cambiamento impresso alla storia del Niger tramite il golpe di fine luglio.
Soffrire in silenzio in genere non fa notizia eppure è questo uno dei pilastri su cui si regge l’attuale transizione politica.
Un silenzio che dovrebbe interpellare chi ha assunto per scelta o per necessità di instaurare un regime di eccezione nel Paese e attorno ad esso».
Non è accettabile, dice, che, «senza alcuna remora, si penalizzi un popolo, anzi ‘il popolo’ e cioè i piccoli e fragili di sempre, i poveri e i giovani in particolare».
«”Siamo nella sofferenza”, diceva un artigiano il cui lavoro si è di colpo interrotto da un mese a causa della situazione creatasi a seguito del golpe militare.
Nessuno dovrebbe osare confiscare il loro futuro perché, intessuto com’è di sogni, speranze e ideali è qualcosa di sacro,
Nella complicità di coloro che non hanno voce si tratta di dare una risposta accorata alla sofferenza , a livello locale e internazionale.
Sarà questo il nome da dare alla transizione che dovrà sfociare nella Conferenza Nazionale aperta a tutti per dare un volto nuovo alla politica.
Assumere la sofferenza dei poveri perché trasformi il linguaggio politico del Paese sarà la base della nuova Costituzione della Repubblica, fondata sul silenzio».