Si sta svolgendo al centro “La Montonera” della Conferenza Episcopale Argentina, fuori Buenos Aires, l’incontro dei Missionari italiani che lavorano in Argentina, Cile, Paraguay, Uruguay.
Più di 30 i missionari presenti, coordinati da don Juan Nota, da 50 anni in Argentina e da don Claudio Snidero, fidei donum di Udine, da 30 anni nella parrocchia “friulana” della capitale argentina.
Dall’Italia sono arrivati per questo incontro don Michele Autuoro, direttore di Missio, don Felice Tenero e Maria Soave Buscemi dell’equipe formativa del CUM.
Il titolo dell’incontro, “Le sfide operative dell’Evangelii Gaudium”, richiama ad un impegno e ad una prassi pastorale che vede l’esperienza dei “curas villeros” – i preti che vivono e lavorano nelle “villas miseria”, le terribili favelas di Buenos Aires– protagonisti di una chiesa in uscita.
L’incontro è entrato nel vivo ieri con la presenza di don Alejandro Puiggari, responsabile per la catechesi della Conferenza Episcopale Argentina, collaboratore di Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires.
A parte l’aneddotica per delineare un cardinal Bergoglio decisamente più vicino ai poveri che al potere, don Puiggari ha proposto delle linee operative che lui intravede nell’Evangelii Gaudium, e su cosa vuol dire essere Chiesa in uscita, ossia che lascia le ‘strutture’ per andare incontro alla gente.
Primo: per una Chiesa in uscita il centro non è la parrocchia ma la vita della gente e dove la gente vive.
«A Buenos Aires – dice don Alejandro – stiamo cercando di rinnovare la struttura pastorale perché non abbia il sapore della sacrestia. Lavoro da molti anni nella catechesi e sono molti gli spazi ecclesiali dove si può accompagnare la fede, non necessariamente coincidenti con la parrocchia».
E ancora: «Sto pensando al nostro santuario di Lujan, spazio di incontri, di iniziazione cristiana, di pietà popolare. Un luogo dove puoi incontrare la gente con una proposta trasformatrice della loro vita, dove puoi dire la gioia del Vangelo».
E poi il cammino delle diocesi, in Argentina, continua don Alejandro, spiegando che «oggi ci sono 10 diocesi che stanno vivendo un cammino sinodale, segno di un mettere davvero in discussione strutture e cammini. Oggi più della metà degli uffici di catechesi delle diocesi non sono retti da religiosi o da suore ma da laici, e non perché manca personale consacrato, ma perché la corresponsabilità deve essere un processo che non torna indietro».
Altra sfida operativa è dedicata ai giovani con i loro linguaggi.
«Papa Francesco – continua don Puiggari – in Cile ai giovani ha parlato di internet, di social, di connessione, del linguaggio di oggi ed è su questo linguaggio che anche la chiesa deve correre”. Per finire, “una chiesa povera con i poveri, in una periferia sociologica ed esistenziale più che geografica. E’ li che la chiesa si gioca il presente e futuro».
Interessante anche l’incontro con dom Gustavo Carrara, da qualche mese vescovo ausiliare di Buenos Aires, lui stesso “cura villero”, con la coordinazione dei preti che lavorano nelle favelas, diventata una pastorale nella grande arcidiocesi di Buenos Aires. Dom Gustavo, nel numero 24 dell’ Evangelii Gaudium, vede un processo: prendere l’iniziativa, coinvolgere, accompagnare, fruttificare, celebrare.
«E’ un processo molto preciso di papa Francesco, sperimentato sul campo delle favelas, le villas miseria, qui a Buenos Aires. E’ un processo di vicinanza: se non sei vicino al popolo, se non ti “involvi” con il popolo, se non lo accompagni, se non fai fruttificare il popolo che hai, la celebrazione è vana».
Dom Gustavo vive nella villa vicino allo stadio del San Lorenzo.
“La catechesi i miei ragazzi, con la pastorale classica, la trovavano un’ora la settimana, la droga, il terribile pacho, 24 ore al giorno”. Che fare? Da questa riflessione sono partite una serie di iniziative sociali per presidiare il territorio. Undici cappelle per le celebrazioni e la catechesi, e attorno alle cappelle una serie di iniziative: dal football al rinforzo scolastico, dai corsi professionalizzanti al semplice luogo di incontro per condividere il mate, la bevanda tipica in Argentina.
“Solo dando alternative alla droga e alla violenza la gioventù si può salvare. Altrimenti la strada della disfatta è molto facile”, dice Dom Gustavo.
La gente risponde, le istituzioni pure. Nelle strutture attigue allo stadio San Lorenzo, una delle squadre più famose dell’Argentina, entrano i ragazzi delle favelas per usare la piscina, il basket, i campi da calcio laterali.
E’ molto importante, ci ricorda dom Gustavo, per marcare il territorio, per dire che dalla favelas, dalle villas miseria si può rinascere.