“La Chiesa può fare di più inventando soluzioni per i migranti”

L'editoriale del cardinale Francesco Montenegro sul fenomeno che non è emergenza ma vita

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«Se i popoli si spostano è perché sta cambiando la storia del mondo. E non possiamo cadere nell’errore di definire “emergenza” una situazione che si evolve da anni».

Inizia così l’editoriale del cardinale Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento e pubblicato su Popoli e Missione di giugno.

Il cardinale prosegue spiegando che «non possiamo voltarci dall’altra parte o continuare a prendere decisioni temporanee, occorre pianificare il futuro con lungimiranza per lo sviluppo dei popoli, in una logica di interventi che, oltre il mondo istituzionale, deve coinvolgere la società civile».

La logica dello scarto, secondo Montenegro, non è una logica accettabile per chi segue il

vangelo.

«Cosa ne facciamo della gente che non ha da mangiare, delle terre abbandonate, inaridite, dei sopravvissuti alle guerre e alle persecuzioni? – si chiede –

Un vescovo algerino in occasione dell’Assemblea della Conferenza dei vescovi della regione del Nord Africa in Marocco nel 2018, mi disse: “Quelli che voi rimandate a casa secondo le vostre leggi, sono già morti.

Dovrà mettersi a mendicare e per strada si muore, o finisce in carcere, o prende la strada del deserto e il suo destino è segnato. La gente che rimandate indietro è già morta”».

La Chiesa ha una grande responsabilità, prosegue:

«servirebbe un maggiore sforzo di contatti e scambio tra le varie realtà religiose, ma anche dialogo tra le Chiese per trovare soluzioni perché partano meno persone.

Ma non si può chiedere a chi ha bisogno di restare a casa sua se non si offrono prospettive di aiuto concrete.

Bisogna conoscere meglio le situazioni locali, come Chiesa dobbiamo darci da fare, bisogna aprire tavoli di lavoro: investiamo e inventiamo per dare alla gente quello di cui ha bisogno tanto più ora che siamo in un momento di sinodo, di dialogo.

Un passo alla volta, insieme si può fare molta strada.

Dobbiamo dare spazio al Vangelo, alla speranza: non una favoletta edulcorata ma la verità e la responsabilità di testimoniare in prima persona.

Se credi nell’uomo, se credi nel Vangelo, ti accorgerai che le cose cambiano. E sei tu il primo a cambiarle.