Covid 19: l’Africa attende il vaccino, ma ha scarse strutture sanitarie

Covax è un meccanismo creato a livello Onu per assicurare dosi gratuite di vaccinazioni ai più poveri

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La corsa mondiale per assicurarsi le prime dosi di vaccino anti Covid-19 rischia di lasciare indietro i Paesi in via di sviluppo.

Grava un’incognita enorme su tutta l’Africa sub-sahariana, nonostante Covax, la rete di Paesi in ambito Oms che dovrebbe garantire un’equa distribuzione di dosi gratuite a livello mondiale.

La coalizione è guidata da Gavi (la Vaccine Alliance, organizzazione internazionale per i vaccini, finanziata da Nazioni Unite e gruppi filantropici), ma i Paesi con infrastrutture carenti e pochi centri di stoccaggio e distribuzione restano in fondo alla corsa. Soprattutto, mancano ancora i fondi necessari per la distribuzione gratuita.

Tra i primi della lista (una volta che saranno sbloccati i fondi), c’è il Sudafrica, nazione tra le più segnate dal Covid, ma anche più pronta a recepire i vaccini grazie alle infrastrutture sanitarie.

A raccontarci da vicino cosa accade nei Paesi con poche risorse e molti debiti sono i nostri missionari e i cooperanti italiani, che vivono da anni Africa.

In Repubblica Centrafricana abbiamo contattato Dario Mariani, medico del Cuamm, Medici con l’Africa (la Ong guidata dai saveriani e da don Dante Carraro), che lavora nell’ospedale pediatrico di Bangui.

«Covax è una rete mondiale cui aderiscono 172 Paesi, creata in ambito Onu per facilitare l’accesso ai vaccini – spiega –. Ma è difficile capire se e quando questi riusciranno ad arrivare gratuitamente in Africa. Per vaccinare il 60% di tutta la popolazione africana, e quindi creare l’immunità di gregge ci sarebbe bisogno di un miliardo e mezzo di dosi, ossia di una cifra compresa tra i 7 e i 10 miliardi di dollari. Ma per ora il fondo Covax dispone di due miliardi. Sembra che la rete inizierà a distribuire i vaccini in Costa d’Avorio, ma rimangono fuori molti Paesi, tra cui il Centrafrica». 

Entrare nella rosa dei “fortunati” dipende da una infinità di fattori, spiega Mariani, non ultimo quello delle infrastrutture sanitarie: «questo vaccino – dice – richiede una refrigerazione tra meno 20 e meno 70 gradi, e molti Paesi dell’Africa non la possono garantire. Ci devono essere dei centri di raccolta e distribuzione sul territorio. Il Centrafrica non dispone di tutto ciò». Ci vuole anche un personale addestrato «che qui manca del tutto – spiega –. Temo che ci vorrà molto tempo».

Non va meglio in Zambia: «qui di vaccini anti-Covid non si parla proprio! Anche se l’Oms vorrebbe assicurarlo gratuitamente – spiega il comboniano padre Antonio Guarino – i giornali non ne parlano e il governo ritiene che prima o poi possa ottenere gratis le dosi, ma non sappiamo quando. Fin dall’inizio le autorità hanno considerato il Covid al pari di un’altra malattia. Non c’è stata una vera e propria ‘eccezione’ coronavirus: questo è visto come un virus come un altro».

Anche in Malawui le «autorità fanno i controlli dovuti solo se devi partire: in questo caso bisogna fare un test e ottenere un certificato di ‘negatività’ al Covid, ma normalmente non si parla di misure di prevenzione».

Poche le mascherine in Zambia, pochissimi i controlli, dice il missionario. Per i nostri interlocutori resta «un mistero il fatto che, nonostante tutto, in Africa non si riscontri un contagio elevato».

 Stessa situazione in Mozambico, dove oramai la prevenzione non esiste più, se non in chiesa, come ci spiega suor Rita Zaninelli, comboniana.

«Il virus è stato scalzato dalla guerra a Cabo Delgado. Io non lo sento come una priorità, ma questo non significa che il virus se ne sia andato”, dice la religiosa. È anche vero che il livello di guardia “si è notevolmente abbassato – spiegano tutti i missionari contattati – e i tamponi eseguiti sono pochissimi».

«in Repubblica Centrafricana dopo il primo allarme di marzo tutto si è lentamente inabissato: è arrivato molto materiale sanitario nell’immediato, ma oggi le mascherine non le usa più nessuno – ci racconta suor Elvira Tutolo, missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret –. Noi a Bangui continuiamo a vedere una quantità enorme di funerali, e molte persone muoiono, non si sa per quale motivo. Il vero allarme Covid è durato non più di un mese, poi tutto è tornato come prima, ma il virus continua a circolare».

(Le foto, scattate negli ospedali del Centrafrica, sono gentilmente concesse dal CUAMM.)